Benedizioni annullate a scuola, la preside pensa al ricorso

Dopo la decisione del Tar che ha accolto il ricorso del Comitato scuola e costituzione, Daniela Turci dell'Istituto comprensivo 20 non ha dubbi: "Non finisce qua". La Curia: "Fu un gesto di pace non imposto a nessuno"

Daniela Turci

Daniela Turci

Bologna, 11 febbraio 2016 - «Non finisce qua. Penso che vi siano gli estremi per il ricorso. Abbiamo agito seguendo il dettato legislativo del Consigli di Stato che evidentemente è superato da questa sentenza». Daniela Turci è la preside dell’istituto comprensivo 20 (che governa elementari Carducci e Fortuzzi e media Rolandino) su cui la decisione del Tar è piombata come un fulmine a ciel sereno. «Prendo atto della sentenza. Non giudico – commenta a fogli ancora caldi di stampante la preside, che è anche consigliera comunale Pd –. Attendo di capire quali passi possano essere intrapresi. Mi confronterò con l’avvocatura di Stato e con gli uffici dell’Ufficio scolastico regionale».

E se in via Dante, indirizzo ufficiale del comprensivo, si ipotizza un ricorso, in via Castagnoli, la prudenza regna sovrana. Spetta infatti all’Usr (Ufficio scolastico regionale) valutare se appellarsi oppure no. «Le sentenze non si commentano, si leggono». Pausa. Poi tutto d’un fiato «e si valutano».

Neppure mezzo respiro in più. Stefano Versari, il direttore generale dell’Usr, ha trascorso il pomeriggio a confrontarsi con l’avvocatura di Stato per valutare il da farsi. Nessuno si vuole sbilanciare anche se, a taccuini chiusi, qualcuno sposta l’accento interpretando l’ annullamento del Tribunale come «un atto parametrato più sulla dottrina giuridica francese che su quella italiana». Una decisione quella del Tar del tutto inaspettata per cui Giovanni Prodi, presidente del Consiglio di istituto del comprensivo 20 che ha dato semaforo verde (due i voti contrari) alla delibera ‘benedicente’, dice di «essere amareggiato. Adesso – aggiunge il nipote dell’ex premier Romano Prodi – leggerò con attenzione» la decisione del Tar. Sua, infatti, la firma in calce al documento che ‘autorizzava’ la benedizione pasquale ma in orario post scolastico, non in classe e con i bambini accompagnati dai genitori.

Un semaforo verde arrivata prima della sentenza e che scatenò un putiferio di polemiche pro e contro e che sfociò nel ricorso. All’epoca, la stessa Turci commentò: «Non abbiamo fatto niente di antidemocratico. Niente è più democratico di un voto a maggioranza. Per me il ricorso al Tar è ‘benedetto’, perché ci dirà finalmente come ci dobbiamo comportare. Ma nel frattempo noi andiamo avanti per la nostra strada, hanno già fatto ricorso cosa vogliono di più? L’istituto è stato messo in una situazione gravissima».

La stessa Curia intervenne attraverso don Raffaele Buono, direttore dell’ufficio diocesano di Bologna per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, che su Bologna Sette scrisse «in uno Stato di diritto è certamente legittimo impugnare una decisione che si ritiene ingiusta; è però segno di autentico amore per la democrazia rispettare l’autonomia di una scuola, in particolare quando il suo supremo organo di rappresentanza si esprime con una maggioranza schiacciante».

«La pronuncia desta stupore e amarezza; il merito non appare condivisibile. Infatti, quel gesto di pace che è la benedizione pasquale non è stato allora imposto a nessuno, ma fu conseguente a una adesione libera e volontaria e avvenne in orario extrascolastico, nel pieno rispetto della normativa vigente». Così, l'arcidiocesi di Bologna, guidata da monsignor Matteo Zuppi, commenta con una nota la sentenza del Tar dell'Emilia-Romagna, che ha annullato la delibera con cui un consiglio d'istituto aveva autorizzato le benedizioni a scuola nel 2015.

«Escludere la dimensione religiosa dalla scuola e pensare di ridurla ad una sfera meramente individuale - secondo l'arcidiocesi - non contribuisce alla affermazione di una laicità correttamente intesa».

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