Il Bob Dylan privato negli scatti di tre maestri

La mostra alla Ono Arte Contemporanea in via Santa Margherita 10

Foto di Barry Feinstein e Joe Alper

Foto di Barry Feinstein e Joe Alper

Bologna, 14 maggio 2015 - C’È IL DYLAN «senza maschera» del 1961, come lo definisce Guido Harari, mentre gira per la galleria raccontando un po’ di aneddoti sulle foto di Joe Alper. E poi quello «scattato» da Barry Feinstein, che la maschera l’ha ormai messa per sempre, riflessa negli occhiali scuri e in quella sigaretta tra le dita che fuma seduto sulla Limousine, con le fans accalcate ai finestrini per rubare uno sguardo, un sorriso, un saluto.

Bob Dylan. Like a Rolling Stone, la mostra che si compone di una trentina di scatti di Barry Feinstein (grande copertinaro degli anni Sessanta, come ricorda Harari), Joe Alper e Tony Frank, inaugura oggi alle 18,30 alla Ono Arte Contemporanea (via Santa Margherita 10) e nel suo titolo parla della celebrazione di quella canzone iconica che proprio 50 anni fa veniva pubblicata nel disco Highway 61 Revisited e che con i suoi cinquanta versi della stesura iniziale cambiò le regole della composizione della musica popolare. L’esposizione, che racconta della nascita e ascesa dell’artista di Duluth in Minnesota anche attraverso i poster art nouveau-psichedelici di Bob Masse, si consuma davvero in un decennio (quello più importante e cult, però), con le immagini che s’interrompono nel 1967, un anno prima della scomparsa di Alpert, a soli 43 anni. La sua fortuna fu quella di avere incrociato la strada di Dylan proprio agli inizi, quando era giovane e sconosciuto, e di averlo potuto ritrarre nella sua totale freschezza: c’è addirittura una foto di Bob che fa colazione, un’immagine rara e intima.

Poi ci sono gli scatti di Feinstein, presentati per la prima volta in Italia e relativi al secondo tour inglese, considerato da molti non solo il migliore di Dylan dal punto di vista del live, ma probabilmente uno dei migliori della storia della musica popolare contemporanea. E infine quelli di Tony Frank (che documenta un viaggio a Parigi del menestrello del rock), il fotografo che nel 1965 lavorava a Londra per il magazine Salut Les Copains, quando fu mandato a seguire lo shooting del filmato Subterranean Homesick Blues per il documentario Don’t Look Back di D.A. Pennebaker, che immortalò in un film completamente in presa diretta la tournée inglese del cantautore americano.

ALL’INAUGURAZIONE ci sarà anche il fotografo Guido Harari che tanto mondo musicale ma anche di celebrities in generale ha ritratto per anni e che è in città perché presto inizierà una collaborazione con la Ono e la sua galleria Wall of Sound ad Alba. Lui, Dylan, l’ha conosciuto negli anni Novanta: «Quando l’ho incontrato era ormai inafferrabile, schivava le proprie guardie del corpo cambiando continuamente camere nell’albergo dove stava, per non farsi seguire e andare in completo anonimato alla piscina comunale».

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