Martedì 30 Aprile 2024

Tra BoloBene e BoloFeccia la guerra è finita: ora i ‘rega’ si dividono in tribù

Etnie o quartieri non contano più: “La differenza sta nelle scarpe” Il preside in trincea (VIDEO)

Un gruppo di adolescenti (Foto Bartolomei

Un gruppo di adolescenti (Foto Bartolomei

Bologna, 31 gennaio 2015 - C’erano una volta Bolobene e Bolofeccia. Ricordate? Le ‘fazioni’ di giovanissimi che si menarono di santa ragione ai «gardens», i Giardini Margherita. Le truppe sono tornate nell’ombra di Ask. E si sono sparpagliate in giro. Oggi quella distinzione infastidisce ma resiste. Resta sullo sfondo. Trasformata quasi in un intercalare. Le tribù si spostano da un muretto a un pub, nella città universitaria o in periferia. Distanti anni luce i ragazzini della Mercanzia da quelli della Meridiana, il centro commerciale di Casalecchio, spesa-pizza-cinema, tutto comodo. Non così troppo quelli del pozzo – il cortile del Comune –, dalle ballotte di via Zamboni o via Indipendenza. Poi tutte queste tribù dai 14 anni in su solcano piazza Verdi e lì si mescolano. Con qualche regola d’ingaggio, «per stare qui ci vuole testa», la conclusione di una 17enne bolo-bangladese, che a mezzanotte di sabato fuma e beve birra lì con un’amica. E se chiedi cosa vuol dire spiega tranquilla: «C’è sempre qualcuno che vuole qualcosa o che vuole venderti qualcosa. Basta dire di no. Non tutti lo fanno».

Ballotte miste, insieme italiani e stranieri, ragazzini nati qui o arrivati bimbi da Romania, Bangladesh, Equador. Sanno pochissimo del paese d’origine dei genitori, spesso quel posto lontano per loro è soltanto il sapore dei piatti che prepara la mamma. Tutti confusi nel gruppo. Nella moda, le marche sono trasversali alle tribù, cambia l’abbinamento, qualche volta sono fake, falsi. Quattordicenni e quindicenni sono già truccatissime e scollate alle otto del mattino mentre entrano in classe. Esagerate nei fuseau seconda pelle. Ragazzini modaioli anzi swag nei soliti jeans strappati, con il risvolto stile acqua in casa. Immancabili i cappellini rap, la testa rasata ai lati, le Jordan. E se lei è Bolofeccia ai piedi ha bikers con le zeppe alte così. Se è Bolobene va pazza per la borsa con le frange e la collana fatta in un certo modo. E se chiedi perché alla commessa di Brandy – negozio cult delle baby Bolobene in via Oberdan – lei ti guarda e scoppia a ridere, boh. E poi fumano, fumano tutti. Moltissimo le ragazze. La prima cosa che fanno all’uscita di scuola. Rosa Luxemburg, Rubbiani, Maiorana a San Lazzaro. Ovunque la stessa scena. Quattordicenni e quindicenni con la sigaretta in una mano, lo smarthphone nell’altra. L’odore di spinelli è ovunque. Forte alle due del pomeriggio, nel cortile del Rosa Luxemburg. Forte a mezzanotte sotto la Mercanzia. Scontato in piazza Verdi e in via Petroni. Con i ragazzi anche più grandi che si siedono sui gradini dei portoni e confezionano comodamente i loro spiccioli di felicità.

I diciassettenni parlano dei più piccoli quasi scandalizzandosi, «non è più come ai miei tempi, ora fumano di tutto», si meraviglia uno studente dell’Itis. Si sentono già spiazzati dalla generazione che avanza con tutte le sue diavolerie. E qualche sprazzo di romanticismo, almeno nel linguaggio in codice. Se lui dice «tipa» significa che lei conta poco. Anche se magari ha un «gran telo», un fisico da urlo o addirittura «twerka», insomma agita il fondoschiena come certe scandalose star. E per il debutto nell’alta adulta? «Da un paio di stagioni spopolano le feste per i 18 anni – racconta una commessa di Tezuk in via D’Azeglio –. Lei in lungo, lui in tight. I genitori fanno le cose in grande. Come fosse un matrimonio. Affittano un locale e un dj. Gli abiti da sera? Fulminati!».