Giovedì 18 Aprile 2024

Città metropoli o fantasma?

Cesare Sughi

Cesare Sughi

Bologna, 19 dicembre 2014 - Paperone ci trovò l’oro e fu là, nel gelido Klondike, tra Canada e Alaska, che per l’unica volta si innamorò di qualche cosa che non fosse un dollaro. Lei, Doretta Doremì, lavorava in una sala da ballo e il Grande Avaro fu incantato – parole testuali – «dai suoi occhi scintillanti come stelle». Era la fine dell’800, la Corsa all’oro dello Yukon (poderosa come quella della California), la nascita dalla sera alla mattina degli agglomerati di baracche dei minatori, Dawson, Dyea, ridotti oggi ad attrazioni turistiche o a Città Fantasma. Non si sapeva neanche, allora, che cosa fosse una Città Metropolitana (sebbene, all’epoca, per fare un esempio, a Chicago vivessero un milione e mezzo di persone).

Eppure, a più di un secolo di distanza, l’analogia tra Città Fantasma e Città Metropolitane non è né peregrina né rassicurante. Le prime morirono subito dopo l’uso, cancellate, come castelli di sabbia, le seconde rischiano di nascere – il parto è fissato per il 1° gennaio –, se non morte, gravemente inferme. Dettaglio non da poco, quest’ultimo, proprio per Bologna, che con il milione di abitanti della sua area provinciale è una metropoli fatta di per sé, tracciata e dislocata da secoli di storia, un tessuto continuo di realizzazioni artistiche e territoriali, di campagne e di urbanizzazioni, di centri produttivi, economici, sociali in grado di gareggiare con le più robuste regioni europee.

Per noi, il guaio in cui si sta dibattendo la Città Metropolitana (un ente costituzionale introdotto addirittura nel 1990; 24 anni fa, rcordiamolo per gli allegri cultori dell’amnesia) è dunque doppiamente grave: minaccia di snaturare una struttura istituzionale già disegnata e, insieme, di bloccare l’indispensabile ampliamento dei suoi servizi, delle sue politiche culturali, dei suoi trasporti, insomma la famosa rete, la famosa città connessa del duemila.

Possibile che gli ostacoli si siano trascinati, irrisolti, fino a pochi giorni dal varo? Possibile che non si sappia ancora quali competenze avrà il sindaco metropolitano con il suo consiglio, rispetto alle 211 deleghe finora esercitate dalla Provincia? Possibile che, oltre a ignorare quali saranno in concreto i loro compiti, Bologna Metropolitana e gli altri nuovi organi di governo locale debbano prevedere un moltiplicarsi di incarichi e tagli per 6 miliardi in tre anni? Possibile che la cosiddetta legge Delrio (8 aprile scorso), con le sue disposizioni sulle città metropolitane, le Province e i Comuni, abbia bucato i conti sugli esuberi di dipendenti pubblici, che solo qui ammonterebbero a 270?

Si dirà. Molte di queste scelte appartenevano alla Regione, azzoppata dal caso Errani e dalla compagna elettorale, e ulteriormente frenata dai lunghi giochi politicistici per la formazione della nuova giunta. Ma qui, amici, il pasticcio è generale, discende da Roma e si consolida da Rimini a Piacenza, da Imola a Porretta, fra le obiezioni non ancora sopite di chi avrebbe voluto far eleggere direttamente dai cittadini il sindaco metropolitano e la figuraccia di un rinvio che sposterebbe a non si sa quando (né come) il termine del 1° gennaio. 

Bello, poi, immaginare la vita solerte della nuova città, considerando che subito, nel 2016, Bologna sarà chiamata alle votazioni per il sindaco, e si tratterà di una campagna né breve né piana. Un pasticcio nel pasticcio, una curva pericolosa in un percorso tutto spigoli. Nel Klondike Paperone trovò la Pepita Uovo d’Anatra che diede il via alle sue fortune. Noi, qui, faremo bene ad affidarci a ‘Più forte dei guai’, la scultura del Vecchione che brucerà in piazza a San Silvestro. Forse, dal fuoco, cadrà a terra una pepita e la città risorgerà. Noi, come il Vecchio Zio, ci arricchiremo; e se vedremo gli occhi stellati di Doretta Doremì che ci guardano, ci innamoreremo.