La rivoluzione ungherese e il bigliettaio comunista

Risponde il vicedirettore de Il Resto del Carlino, Beppe Boni

Bologna, 27 ottobre 2016 - Desidero ringraziare il direttore Andrea Cangini per l’editoriale sulla rivoluzione ungherese dell’ottobre 1956 soffocata nel sangue dai carri armati sovietici. A quei tempi ero studente delle medie e venivo in centro con il tram. Ricordo che portavo la bandierina dell’Ungheria sul bavero del cappotto e venni insultato dal bigliettaio comunista.  Marcello Bergonzoni, Bologna

Risponde il vicedirettore de Il Resto del Carlino, Beppe Boni

ERA un altro mondo. La rivoluzione ungherese lacerò il comunismo di tutta Europa. Anche in Italia, dove c’era il più grande partito comunista dell’Occidente, la spaccatura sulle vicende ungheresi fu evidente. Divise famiglie, amicizie, alleanze. Molti intellettuali comunisti firmarono il cosiddetto Manifesto dei 101 che sosteneva l’insurrezione degli studenti e degli operai, mentre la struttura dei comunisti d’Italia definiva teppisti coloro che si difendevano dai tank russi con sassi e bastoni. Palmiro Togliatti, il grande leader del Pci, votò nel 1957 a favore della condanna a morte di Nagy e in un comitato centrale del partito affermò che «si sta dalla propria parte anche quando si sbaglia». Il bigliettaio comunista era figlio di questa cultura.

beppe.boni@ilcarlino.net

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro