Quando lo sciopero è un’arma spuntata

La lettera Risponde il vicedirettore de Il Resto del Carlino, Beppe Boni

Bologna, 24 settembre 2016 - Lo sciopero, che viene proclamato a causa di un mortale infortunio sul lavoro, è il retaggio di un sindacalismo politicizzato. I familiari delle vittime avrebbero un ben più tangibile conforto se fosse devoluto loro l’importo di quella giornata di lavoro che i lavoratori perdono ugualmente per un discutibile rito sindacale. Pasquale Mattei, Bologna

 

Risponde il vicedirettore de Il Resto del Carlino Beppe Boni

Un operaio che muore sul lavoro è sempre una sconfitta per la società. A volte succede per pura fatalità, a volte per incuria dell’azienda. Dopo l’ultimo episodio all’Ilva di Taranto, dove un lavoratore è stato travolto da un nastro trasportatore, è stata proclamata l’astensione dal lavoro prima ancora di comprendere la dinamica dell’incidente. Cosa è cambiato? Nulla. La magistratura indaga, l’azienda sta cercando di capire cosa è accaduto e cercherà (deve farlo) di rimediare se ci sono state lacune. Lo sciopero fatto così è un’arma spuntata e ideologica. O è una forma di pressione prolungata (ma deve esserci una necessità forte) oppure è inutile e dannoso per le tasche dei lavoratori. Come nel settore pubblico, dove l’astensione dà una mano alle casse dello Stato. Lo sciopero è una cosa seria e il suo utilizzo dovrebbe essere riservato a situazioni estreme.

beppe.boni@ilcarlino.net

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