Bologna, nuova mostra a Palazzo Albergati. Il viaggio nell’inconscio è una rivoluzione

Parla Adina Kamien-Kazhdan, curatrice di 'Duchamp, Magritte, Dalì. I rivoluzionari del ’900' visitabile dal 17 ottobre

La fotografia ‘Les Voyantes’ di  Magritte

La fotografia ‘Les Voyantes’ di Magritte

Bologna, 7 agosto 2017 - E' il catalogo degli indispensabili, i nomi entrati nell’immaginario, quelli imprescindibili per chi l’arte la mastica e per chi la frequenta casualmente. All’appello ci saranno tutti, o quasi: René Magritte, Man Ray, Max Ernst, Marcel Duchamp, Jean Arp, Kurt Schwitters, Salvador Dalì, Joan Mirò. Il gotha del dadaismo e del surrealismo, il pantheon degli artisti che hanno flirtato con la psiche rivoluzionando la grammatica dell’arte.

Come abbiamo anticipato, sono chiamati all’appello dalla mostra Duchamp, Magritte, Dalì. I rivoluzionari del ’900: distribuiti sui due piani di Palazzo Albergati di via Saragozza dal 17 ottobre (dove è aperta fino al 17 settembre Mirò! Sogno e colore) per la mostra autunnale firmata Arthemisia.

A curare l’esposizione con David Rockefeller, Adina Kamien-Kazhdan senior curator per l’arte moderna all’Israel Museum di Gerusalemme. Perché da lì arriveranno le 180 opere (quadri, disegni, sculture) che trasformeranno le sale del palazzo bolognese nella fucina dell’arte meno consolatoria ma necessariamente più perturbante che ci sia. La curatrice ci tiene subito a ringraziare Iole Siena di Arthemisia per l’opportunità di svelare al «pubblico italiano la spettacolare collezione Dada e Surrealista racchiusa all’Israel Museum».

Signora Kamien-Kazhdan, come nasce questa raccolta favolosa?

«Sostanzialmente da una donazione: quella del milanese Arturo Schwarz che nel 1972 donò al museo tredici repliche dei readymades di Duchamp e nel 1991 fece seguito la ricchissima biblioteca dada e surralista con documenti, lettere autografe, riviste, libri... E infine, nel 1998, la sua grande collezione di opere d’arte: più di 700 lavori».

Bene, a Bologna vedremo 180 pezzi...

«Divisi in alcune sezioni. Le dreamscapes che racchiudono anche il capolavoro di Magritte Il castello dei Pirenei del 1959. Questo quadro ha una storia particolare: l’avvocato Harry Torczyner era il più grande specialista di opere di Magritte e donò al nostro museo il quadro nel 1985. Pensi che lo teneva appeso nel suo ufficio a Manhattan, come fosse una finestra su un altro mondo, perché non gli piaceva la vista reale sulla città. Un altro tema è quello del desiderio e della donna: ecco come questi artisti hanno reso omaggio alla donna e all’amore, in un modo molto personale naturalmente. Frammentazioni e oggettivazioni dell’eterno femminino, dove c’è spazio anche per il tema della donna abusata. In questa sezione ci sarà anche Le rêve de Vénus di Dalì. E ancora automatismo e biomorfismo fra fotomontaggi, collage, grattage, scrittura automatica... Jean Arp, Max Ernst, Óscar Domínguez, Jacqueline Lamba moglie di Breton...».

Un viaggio totale nell’inconscio...

«Questi artisti rappresentano il parallelo visivo della teorizzazione freudiana dell’associazione libera. Come Freud, dadaisti e surrealisti volevano esplorare e rivelare l’inconscio».

Pronti per il tuffo nei meandri della psiche? Il viaggio neuronale-visionario rappresenterà un benefico scossone in una città che ha la tendenza ad assopirsi avendo già sottoscritto la rinuncia al sogno.

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