Albergati, giallo a palazzo

Bologna, 20 aprile 2015 - DOPO l’incendio che l’ha colpito nel 2008, in via Saragozza palazzo Albergati si mostra ai cittadini in tutta la sua bellezza. Iniziata nel 1520 e protrattasi per decenni, la sua costruzione è attribuita a Bartolomeo Peruzzi. Gli Albergati chiesero e ottennero di essere esentati dalla costruzione del portico, cosa che fu concessa a pochi altri palazzi prestigiosi (Sanuti- Bevilacqua, Bentivoglio, Fantuzzi, Bocchi). Il palazzo fu la residenza della famiglia senatoria Albergati, ma la sua epoca d’oro coincise con le iniziative di Francesco Albergati Capacelli, appassionato di teatro e lui stesso autore di molte commedie, che nel Settecento promosse un’intensa attività culturale: Carlo Goldoni rappresentò alcune sue commedie nella magnifica residenza di Zola Predosa. 

TUTTAVIA, le mura di questo palazzo racchiudono anche una storia ‘gialla’, quella della morte della seconda moglie del marchese Francesco Albergati Capacelli avvenuta il giorno di Ferragosto 1786. Sposatosi nel 1748 a i 20 anni con Teresa Orsi, Albergati mise fine al matrimonio ottenendone l’annullamento da papa Lambertini. Dopo alcune relazioni amorose con popolane e ballerine, Albergati sposò Caterina Boccadabati, bolognese, di 21 anni più giovane. Erano trascorsi 17 anni di matrimonio, quando, dopo un pranzo nel palazzo di via Saragozza, Caterina si uccise piantandosi un coltello da frutta nel petto. La dinamica del suicidio suscitò dubbi e il 20 agosto, su ordine del Tribunale criminale, il marchese Albergati fu accusato di uxoricidio e posto agli arresti domiciliari nella sala del caffè a piano terra; porte e finestre furono chiuse con chiodi e nella stanza fu collocato un letto per un capitano di polizia. Al marchese fu negato di vedere i figli. Il processo durò due mesi: il 9 novembre 1786 fu emessa la sentenza di assoluzione.