Bologna, 15 luglio 2010 - SULLA sua scrivania, in redazione, tra le carte, è appesa la stampa di un vecchio titolo, ormai ingiallita: gliel’aveva regalato Aldo, il collega che prediligeva. Così per scherzo, perché c’era il suo nome. Per tutto questo tempo ha segnato il suo posto, l’attesa del ritorno. Chiara Freato (foto), giornalista del Carlino, aveva 52 anni. Iaia, Chiaretta, qui al giornale. E’ morta ieri, a casa di una sorella, nelle campagne di Siena. Stroncata da un tumore, una battaglia lunghissima. Era in coma da lunedì. Sarà seppellita a Camisano Vicentino, il paese dove vivono il babbo Sereno, che è stato tra i più stretti collaboratori di Aldo Moro, e la mamma Maria Antonietta. Il funerale sarà celebrato domani mattina alle 9,30.

CHIARA aveva cominciato la sua carriera alla Nazione, nell’85. Prima, da impiegata, era stata per tre anni nella segreteria delle province. Da giornalista, aveva lavorato nella redazione Spettacoli, gli amici conoscevano bene la sua grande passione per il cinema. Poi si era trasferita a Bologna. Dopo l’esperienza ad Extra, era passata all’ufficio regionale del Carlino, quattro anni fa.

SEMPRE più magra, da ultimo, il volto illuminato però da occhi chiari, vivacissimi. Stava agli scherzi, ripensandoci non si ricorda di averla mai sentita alzare la voce. Sarà per questo che quando c’era un problema in tipografia, quando all’ultimo minuto si doveva fare una modifica nella pagina, i capi mandavano sempre lei.
Chiara aveva la figura elegante e un caschetto biondissimo, nemmeno la chemioterapia gliel’aveva sciupato. Pareva fragile, in realtà era fortissima. Il tumore la aggrediva da tutte le parti ma lei non mollava. E ne parlava con una leggerezza che lasciava di stucco. Mettendo tutta l’energia possibile anche nel rispondere al telefono, è stato così fino agli ultimi giorni. Dissimulava il male.

CURIOSA e sensibile, era riuscita a creare un clima di amicizia anche all’ospedale. Si curava al Sant’Orsola. Sapeva sempre tutto di tutti, in quel corridoio in attesa della chemio si parlava del mondo. La nonna del gruppo da ultimo portava le torte, discuteva delle ricette. Le volevano un gran bene, si intuiva da come le parlavano. Chiamava per nome le infermiere e appena arrivata si preoccupava di ‘prenotare’ quella con cui s’intendeva meglio. Aspettava il suo turno senza lamentarsi mai. Finché non la chiamavano: «Eccoci Chiara, si è liberato il letto». Lei ogni volta si presentava in ordine, elegante e truccata. Si preoccupava: «Si vede che mi sono caduti i capelli?». No Chiara, non si vedeva davvero.