Bologna, 25 luglio 2010. QUALCUNO vi ha danneggiati?
«Non lo so ma il danno c’è ed è pesante».

Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo, prende fiato. «Ho il cellulare scarico a forza di chiamate e continuo a non capire».

Cosa non capisce?
«Siamo la più bella azienda casearia italiana. Abbiamo impostato tutto il nostro lavoro sulla qualità. Queste notizie distruggono il lavoro nostro e della filiera della regione. Un lavoro di anni».

Alcuni supermercati hanno iniziato a ritirare i vostri prodotti.
«La questione per ora è limitata. Ma capisco le scelte della grande distribuzione. Speriamo di uscirne subito».

Economicamente le mozzarelle blu hanno già pesato?
«Non so quantificare il danno ma sì, hanno pesato».

Sono ipotizzabili un sabotaggio o uno sgarbo politico?
«Non so che dire. Siamo dei contadini, in fondo. Non siamo mica dei furbetti».

La Jager vi forniva la materia prima per le provole dolci.
«Una piccola fornitura, di cui ci siamo lamentati subito. I rapporti con loro sono stati chiusi un mese fa».

Perché così tardi?
«Abbiamo aspettato che l’azienda si mettesse in regola, ma questo non è avvenuto. D’altro canto non c’erano sul mercato molti fornitori di quella materia».

Come la mettiamo però con quelle mozzarelle blu?
«L’unica certezza è che, al momento, non ci è stato segnalato alcun problema sanitario e abbiamo appreso tutto dalla stampa. Non è strano?».

Ma una segnalazione su quel lotto di mozzarelle c’era già stata.
«Riguardava un’altra catena che aveva chiesto dei chiarimenti. Li abbiamo forniti, tutto era a posto e non c’erano rischi per la salute o la qualità dei prodotti. Quella segnalazione era nella norma».

Ma lei come si sente?
«Sono sicuro che ne usciremo ma anche molto preoccupato. Il danno è stato tremendo e mette in discussione il lavoro di anni».

E l’occupazione?
«Abbiamo circa duemila persone che gravitano attorno a Granarolo e mille imprese legate all’indotto: non voglio nemmeno pensare a ricadute negative. Ma domani, in qualche modo, parlerò con i lavoratori e i sindacati. E’ il minimo».