BOLOGNA,2 SETTEMBRE 2010 - NEMO ha battuto il Quadrilatero. Il suo tag compare ad ogni passo. Sui portoni, sulle serrande, sui muri. Ha scelto la notte di domenica e quella fra lunedì e martedì per deturpare alcune delle strade più centrali della città: via Orefici, Drapperie, Pescherie Vecchie e Caprarie. Qui, come in piazza Aldrovandi, dopo l’opera di ripulitura, i vandali sono tornati.
I più informati dicono che dietro il nome in codice ‘Nemo’ si nasconda la mano spregiudicata di una ragazza. L’arte dell’inciviltà, quindi, è persino donna. Anche le insospettabili quote rosa vanno in giro la notte e segnano il ‘loro’ territorio a colpi di graffiti. Lo scelgono, lo marcano. Scritte grandi e piccole di un nero che fa male alla vista. I residenti non lo accettano, i commercianti tanto meno. Chi ama la propria città non può rimanere in silenzio.
 

«BOLOGNA è la sede della prima università — commenta Elisabetta Gozzoli, una dei soci del negozio ‘Gilberto’ —. Dalla culla della cultura è diventata la culla della sporcizia. Noi e l’albergo che si trova nello stesso stabile abbiamo un campione di vernice a portata di mano: come sporcano, provvediamo autonomamente a pulire. Si tratta di vandali e la soluzione è complessa: non credo sia sufficiente una persona addetta alla sorveglianza che passi la notte in strada a caccia di writers. Questa forma di degrado è orribile. Noi ci sforziamo di dare un servizio di qualità adatto al centro di una città storica: convivere con questo ‘spettacolo’ è inaccettabile. La colpa è del troppo lassismo. Serve più fermezza».
 

È più diretto Piero Sedda della macelleria equina: «Per eliminare il problema dei writers serve un lanciafiamme. La colpa è dei genitori che non educano debitamente i propri figli. Quelli che lasciano i segni sui muri saranno ragazzini di 14-15 anni: se in casa fossero più incisivi le cose cambierebbero. Io, come altri commercianti, ho fatto disegnare sulla mia serranda un murales a tema: si tratta di due cavalli. In questo modo ho evitato l’attacco di chi passa la notte in strada a scarabocchiare perché loro non ci sovrascrivono: rispettano il disegno». Passo dopo passo teniamo a mente quante volte che si legge ‘Nemo’. Un’impresa ardua. Di lì a poco perdiamo il conto.
Ma le lamentele continuano. «Hanno rifatto tutte le scritte — esordisce Alberto Peghetti —. Se ci fossero quelle famosissime ronde sarebbe diverso. Questa zona di notte sembra il Bronx». È d’accordo Massimo Gardosi, titolare dell’anonima macelleria: «Si tratta di ragazzi disadattati, sbandati, senza una guida familiare. Quando li beccano dovrebbero metterli ai lavori forzati: pulizie dei muri a oltranza».
Sono arrabbiati anche al bar ‘Caffè delle Drapperie’. Qui l’intero staff dà addosso ai writers. «Non ne possiamo più — sbotta Erika Carlomagno —, ci vorrebbero più sicurezza e controllo. Sono dei vandali. Andassero a farli a casa loro i graffiti!». Stefano Gamberini non ha dubbi: «I veri artisti non fanno questo. Questi giocano a fare i guerrieri della notte». Andrea Piperis, intanto, racconta di un graffitaro che ha scritto il suo tag 200-300 volte da San Lazzaro fino in centro. Poche parole per Giovanni Tamburini: «Parliamo del niente. Loro lasciano il nome (il tag, ndr), basta andare su Internet e rintracciare l’autore».
Andrea Masetti ha una sua versione sui veri responsabili del fenomeno graffiti: «Sono i bolognesi e il loro finto buonismo. A loro i graffiti non danno davvero fastidio». A noi, sì.