Bologna, 13 settembre 2010- Sono 372 i ricercatori dell’Ateneo di Bologna che ad oggi hanno già comunicato l’indisponibilità a svolgere attività didattica, per l’anno accademico che sta per iniziare, come forma di protesta contro il decreto Gelmini di riforma del sistema universitario. E’ il risultato provvisorio della ricognizione che i ricercatori, riuniti oggi in assemblea, hanno effettuato nelle facoltà dell’Alma Mater.
 

In via Belmeloro si sono ritrovati in 150: la decisione è quella di andare avanti con il blocco della didattica, invitando le Facoltà che ancora non hanno preso una posizione ad aderire e con una nuova assemblea già fissata per lunedì prossimo in modo da riaggiornare il conto delle indisponibilità.

Intanto, oggi stesso, i rappresentanti dei ricercatori incontrano il Rettore Ivano Dionigi: gli comunicheranno i risultati dell’assemblea appena conclusa e gli chiedono di rinviare l’inizio delle lezioni di 15 giorni (la data della ripresa oscilla tra il 22 settembre e la prima settimana di ottobre), anche se tra i ricercatori, su questo punto, le opinioni sono piuttosto contrastanti.

 Il blocco della didattica parte dunque dalle 372 adesioni già raccolte, una cifra praticamente dimezzata rispetto ad un’analoga ricognizione svolta tra giugno e luglio, ma il dato è indicativo: l’Ateneo conta 1.130 ricercatori, ma sono solo 726 quelli in servizio nelle Facoltà i cui orientamenti erano noti oggi (e bisognerebbe calcolare, si fa notare in assemblea, i ricercatori che effettivamente insegnano).

Mancano, infatti, Facoltà di peso come Giurisprudenza, Medicina e Scienze politiche (dove, riferisce un ricercatore, prima dell’estate si registrava un’adesione alla protesta vicina al 50%).

Intanto, però, ad Agraria hanno già aderito al blocco della didattica 55 ricercatori su 87, a Chimica Industriale 27 su 36, ad Economia 32 su 55, a Lingue 24 su 26, a Lettere 40 su 98, a Veterinaria 30 su 50, a Scienze della Formazione 35 su 53, a Scienze Motorie 15 su 21, a Scienze Statistiche 10 su 20, alla Scuola Superiore di Interpreti 16 su 22, a Scienze Fisiche, Chimiche e Naturali 71 su 148. In Facoltà come Agraria o in dipartimenti come Biologia (30 adesioni su 40), i moduli di rinuncia alla didattica sono già pronti e verranno consegnati indipendentemente da ciò che accadrà nel resto dell’Ateneo.

In altre sedi, invece, l’adesione dipende dal raggiungimento della maggioranza all’interno dell’Alma Mater. In altri casi ancora, non c’è stato il tempo di fare una prima assemblea dopo l’estate: a Medicina, ad esempio, i ricercatori si vedranno in settimana.
 

La base delle 372 adesioni, intanto, per i ricercatori è sufficiente ad andare avanti, tra appelli al coinvolgimento degli studenti e la ricerca di un sostegno da parte dei professori associati ed ordinari. I moduli dovranno essere consegnati formalmente nelle singole Facoltà, ma l’idea dei ricercatori è quella di procedere anche ad una consegna di massa, simbolica, al rettore. Nel frattempo, venerdì a Roma si svolgerà un’assemblea nazionale mentre a Bologna si promettono “azioni dimostrative per sensibilizzare” il mondo accademico e non solo, come spiega Loris Giorgini, rappresentante dei ricercatori nel cda dell’Ateneo.

Un’occasione sarà il 24 settembre con la “Notte dei ricercatori”, in piazza Verdi, a cui parteciperanno anche il comico Enrico Bertolino e Patrizio Bianchi, assessore regionale all’Università e alla Ricerca.

I ricercatori, come assicura in assemblea la segretaria provinciale Sandra Soster, potranno contare sulla “totale adesione ed il più pieno sostegno” della Flc-Cgil, che ha già indetto un pacchetto di otto ore di sciopero da articolare territorio per territorio. “Deve saltare un inizio normale dell’anno accademico- dichiara Soster- in qualunque modo”.

Senza contare troppo, secondo il sindacato, sul sostegno dei rettori: la Crui solo “in alcuni casi si è mossa con nobili ragioni”, sottolinea Soster, ma “nella sostanza lo ha fatto con un opportunismo da regime come mai si era visto”. Per “infinitamente di meno”, ricorda Soster, “i rettori si erano dichiarati indisponibili a dare le dimissioni in massa”.
 

Per Francesca Ruocco, della Rete ricercatori precari, “la rinuncia alla didattica è lo strumento di maggior peso che hanno i ricercatori”. La possibilità di creare sensibili disagi negli Atenei è assicurata, infatti, ma Ruocco riferisce che a Bologna il rettore sta già pensando a come correre ai ripari: “Ci ha fatto sapere che è pronto a fare dei bandi di docenza a contratto per coprire i corsi che eventualmente resteranno scoperti, cosa che gli costerebbe intorno ai 3,5 milioni di euro” (per Giorgini, però, ai piani alti di via Zamboni questa ipotesi sarebbe già tramontata). In attesa di chiarire meglio il quadro dell’intero Ateneo, dunque, i ricercatori si preparano a dare battaglia. “Con i tagli all’Università e alla ricerca, che non dipendono da questo o quel Governo ma sono strutturali- commenta Gigi Roggero, assegnista a Scienze politiche- si vuole generalizzare il modello Pomigliano, con i rettori che sono corresponsabili di questa dismissione dell’Università”.