Bologna, 10 gennaio 2011 - Negli ultimi giorni di vita del piccolo Devid, il neonato morto di stenti il 5 gennaio a Bologna, sono state ben due le offerte di aiuto rifiutate dalla madre. "Ho una casa, so dove andare, non ho bisogno", avrebbe risposto la 37enne bolognese. Lo spiegano, ricostruendo la vicenda, il commissario straordinario Anna Maria Cancellieri, e la direttrice dei Servizi sociali Maria Grazia Bonzagni.

I due gemelli sono stati dimessi dal Policlinico Sant'Orsola il 29 dicembre, dove sono rimasti per circa due settimane (sono nati il 13 dicembre prematuri alla 32esima settimana). Il giorno successivo, il 30 dicembre, la famiglia e' stata notata in Sala Borsa: c'erano la madre, il padre, i due gemelli e la bimba che ha quasi due anni. Erano sistemati li', cambiavano i piccoli e davano loro da mangiare e non davano l'impressione di essere in difficolta'. Questo a detta di un'assistente del Comune ("Sembravano una coppia normale e felice, non fosse che passavano troppo tempo in Sala Borsa" annotera') li ha notati e ha chiesto se avessero bisogno, ma la donna ha risposto di no.

La sera dopo, poi, la famiglia e' andata al cenone organizzato dai servizi sociali in una struttura di via Capo di Lucca. Li' le e' stato nuovamente offerto aiuto, proponendole una sistemazione nell'albergo di via del Pallone. La risposta della donna e' stata, ancora una volta: "Ho la casa, non serve". Dal 31 dicembre al 4 gennaio, giorno in cui il piccolo e' morto, i servizi sociali non hanno piu' avuto notizie della donna.

Nei venti giorni precedenti, spiegano Cancellieri e Bonzagni, c'e' stato uno scambio di informazioni con il Sant'Orsola, dove la situazione critica non era passata inosservata: il Policlinico scrive ai servizi il 13 dicembre (giorno del parto) e poi il 29, avvisando delle dimissioni. Nella prima mail-appunto del Policlinico, del 13 dicembre, si domanda ai servizi se la donna sia seguita, avanzando interrogativi sulla totale capacita' mentale della 37enne. I servizi sociali del quartiere Santo Stefano (che la seguono) rispondono il giorno dopo,
spiegando che la donna e' conosciuta dal 2001, ma seguita in modo alterno, viene ricostruita la trafila e si afferma che non risultavano disturbi mentali a suo carico.

Il 29, poi, il Policlinico informa i servizi sociali delle dimissioni dei gemelli. Anche in questo caso, i servizi
rispondono il 30, giorno in cui poi la famiglia viene individuata in Sala Borsa. Infine, dopo la morte del piccolo il 4 gennaio, sono i servizi sociali a domandare al Policlinico di "tenere in carico i bambini (oltre al gemellino sopravvissuto, anche la piccola di quasi due anni, ndr) in degenza fino a che non si trovasse una sistemazione per loro" spiega Bonzagni. Cosa che e' stata raggiunta oggi, quando i due minori sono stati messi in una struttura protetta.

La donna, invece, ancora oggi ha ribadito di avere casa in via delle Tovaglie e di non volere appoggiarsi ai servizi.
Per la numero uno del settore sociale del Comune di Bologna, e' stato fatto tutto il possibile e non ci sono stati problemi di comunicazione tra quartieri e enti. "Tutte le volte che e' venuta da noi, e' stata ascoltata. Anzi e' stata rincorsa da noi per darle qualcosa e l'abbiamo cercata quando non si faceva trovare", dice Bonzagni. Se la donna non voleva aiuto, il Comune poteva fare di piu' per questi bambini che da soli l'aiuto non lo possono chiedere? "Il Comune avrebbe potuto fare di piu' se fosse stato a conoscenza o avesse avuto la possibilita' di averli in carico dalla nascita, ma non c'e' stata. La madre ha fatto tutto quello che poteva fare per non farceli incontrare".