Bologna, 12 gennaio 2011 - BENTIVOGLIO o Medicina, Parco Nord o Caab, addio. Il nuovo stadio del Bologna sarà ancora e sempre il vecchio Dall’Ara. Rifatto con i criteri della modernità che, gli Stati Uniti insegnano, impongono di riportare vicini al centro gli impianti sportivi. Pena, l’abbandono e il degrado. I soci del Bologna sapevano già tutto, fin dal giorno del loro sì a Gianni Consorte ed erano d’accordo: al Bologna serve in fretta una nuova casa e alla città serve chi l’aiuti a crescere. L’Ingegnere di Intermedia ha studiato i differenti progetti che gli sono stati sottoposti e la sua attenzione si è fissata su quello del laboratorio Civicharch dell’Università di Ferrara, diretto dal professor Gabriele Tagliaventi. Fra progettisti e acquirenti ci sono già stati differenti incontri e l’entusiasmo è in rapida crescita. Mesi fa il ‘Carlino’ ebbe modo di illustrare questo progetto che, strada facendo, si è arricchito e modellato sulle esigenze del Bologna appena risorto. Su questa proposta di valorizzazione dell’intero quartiere Andrea Costa, la politica locale giocherà un ruolo determinante. Per saperne di più, appuntamento a venerdì prossimo alla Feltrinelli di piazza Ravegnana, dove la professoressa Chiara Alvisi presenterà, davanti ai probabili candidati sindaci della città, il suo libro ‘La costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi e stadi’, cui seguirà un dibattito moderato dal nostro Xavier Jacobelli.
 

Intanto ci dica, professor Tagliaventi, come ha disegnato il Dall’Ara del futuro?
«Subito il dato più importante: a costo zero. E in grado di garantire profitti a tutti».
 

Tradotto in euro?
«Circa 100 milioni».
 

Com’è possibile costruire a costo zero?
«L’area intorno al Dall’Ara è di 13 ettari, tutti di proprietà del Comune. C’è spazio per costruire una vera e propria Cittadella dello Sport e del tempo libero».
 

Con dentro che cosa?
«Partiamo dallo stadio. Coperto, con la tettoia trasparente perché se si deve vedere San Luca, non saremo certo noi a impedirlo. Poi, senza la pista di atletica fra spettatori e campo. Con 6.000 posti auto interrati per soddisfare la norma Uefa a garantire alla squadra l’uso del suo impianto, in caso di sbarco nelle Coppe europee».
 

Il Dall’Ara ha immensi spazi nel suo ‘ventre’. Come li sfrutterete?
«Un grande ingresso, sullo stile dei più moderni stadi inglesi, su via Andrea Costa. Dentro e intorno all’impianto, servizi di ogni genere. Palestre e centri benessere, cinema e museo rossoblù, campi di allenamento, sede sociale e foresteria. E, naturalmente, negozi e appartamenti».
 

Su questo sarà polemica.
«C’è poco da polemizzare. La città si sta progressivamente svuotando, i proventi delle tasse calano e i servizi peggiorano. Se vogliamo rivitalizzare Bologna dobbiamo partire da un quartiere moderno, vivo e vivibile per sette giorni alla settimana».
 

Bisogna parlare di viabilità.
«Abbiamo visto nascere il Civis, i cui percorsi non tengono conto dell’impianto sportivo più grande e importante per la collettività. Puntiamo su un tram che parta da Casalecchio e che arrivi fino alla Stazione centrale».
 

Il Dall’Ara è monumento nazionale. Materiali e struttura originale sono da salvaguardare.
«Vorremmo eliminare la struttura sorta a fine anni Ottanta. Per fortuna i mattoni sono decorativi e la struttura portante in cemento armato. Basterà togliere quegli splendidi mattoni rossi, effettuare i lavori e rimetterli a posto».
 

Infine, i tempi.
«Per ammodernare lo stadio sono necessari tre anni. Cinque per la realizzazione dell’intero progetto».