Bologna, 30 marzo 2011 - CHISSA’ se il suo ultimo sogno verrà esaudito. Andreino Cocco, l’amico del cuore di questi ultimi anni bolognesi se lo augura e lavorerà perché nella sua casa di via Testoni 5 venga allestita una mostra con la galleria della sua collezione di Ceroli, Nanni, Sartelli, Pozzati. Una cinquantina di ricordi degli artisti di cui amava circondarsi e di cui si occupava da quando una ventina d’anni fa era tornato da Roma dopo una carriera in Rai. Giuseppe D’Agata, classe 1927, figlio di tipografo molisano salito in città dove aveva messo su casa e famiglia, avrebbe voluto fare il pittore, amava la musica (era un apprezzato batterista jazz nella Bologna appena liberata dagli Americani) ma poi la vita l’aveva portato verso le lettere e l’aveva consacrato scrittore di fama oltre che paladino della categoria per cui ricopriva ancora la carica di Presidente dell’Associazione italiana scrittori dopo essere stato alla testa anche dell’Associazione Scrittori Bolognesi.
 

VENERDI’ 18 un improvviso malore l’ha colto in casa ma non sembrava potesse compromettere la sua ancora potente vitalità e invece il decorso post-ricovero al Maggiore ha avuto un’evoluzione nefasta andando a compromettere la funzione respiratoria e portandolo, ieri mattina alle 5.35, alla morte. La notizia ha raggiunto nella sua casa la figlia trentottenne Caterina che vive stabilmente a San Diego da dodici anni (è ristoratrice) ma si è subito precipitata a Bologna non appena avvisata dell’ictus che aveva colpito il padre e che lo accompagnerà nell’ultimo viaggio domani pomeriggio alle 15.30 in Certosa dove verrà anche seppellito. Rimasto vedovo due anni fa, viveva da allora con un’affezionata signora che lo seguiva con costanza e premuera e che era presente anche al momento dell’attacco ischemico. «Ormai la sua vita — confida Caterina — era seguire gli artisti locali». Bologna gli piaceva? «Sì e no».
 

TRA I PIU’ INTIMI, come detto, Cocco. Assistente di Vedova, allievo dell’Accademia di Belle Arti nel ’75, lavora in Cosepuri ma la pittura è la sua grande passione. Ed è stata la sensale anche dell’incontro con Pippo: «Lui era molto amico di Luciano Rubini, io di Silvano Chinni. Poi ciascuno di noi ha rotto con i rispettivi e ci siamo avvicinati tra noi mentre a loro volta si sono avvicinati Rubini e Chinni». Un chiasmo che ha immediatamente prodotto una nuova ma subito profonda vicinanza tra loro e che ha prodotto uno scambio di confidenze che rendono ora Cocco un prezioso biografo di D’Agata. «Quando aveva appena 14-15 anni i partigiani della Brigata Matteotti gli affidavano l’affissione dei loro volantini e dei giornalini che invitavano ad aderire al movimento di liberazione e il segno dell’affiliazione era un fazzoletto rosso che lui poi donò all’Istituto Parri». E proprio lì, in occasione della mostra Piega ed arrotola curata da Valerio Dehò lo scorso anno, il sodalizio tra loro si era ulteriormente cementato. «Mi raccontò per esempio che quando Feltrinelli vendette i diritti d’autore del Medico della mutua divenuto poi il famoso film di Sordi, a lui andò la metà dei cinque milioni (di lire, ovviamente) pattuiti. Li investì nell’acquisto di una macchina che però due settimane dopo gli rubarono».

Come dire che la carriera di scrittore non l’aveva arricchito, anche se gli aveva consentito di dedicare i suoi anni estremi alla passione per la pittura. «Era un profondo conoscitore dell’arte contemporanea. Nel ’91 scrisse anche Artisti e gallerie a Bologna e ultimamente erano in corso pourparlers con Gianfranco Maraniello del MAMbo per fare a casa sua una mostra aperta al pubblico di tutti i suoi quadri». Difficile dire se quel suo sogno potrà mai diventare realtà. Certo lo piangerà tutto l’entourage che lui seguiva amorevolmente e con fine spirito critico. Senza però mai dimenticare il mestiere di scrittore.

L’ultima uscita pubblica il 1° marzo, ospite del salotto di Patrizia Finucci Gallo della scuola Stanton, dove ha presentato A mano libera, la prima raccolta di racconti del gruppo Cassiopea, officina di scrittura di Castel San Pietro, arricchendo la serata con le sue argute osservazioni sulla letteratura e la passione dello scrivere che si era lievemente opacizzata ma non l’aveva certo abbandonato. Giurato del Premio Strega, nel 2007 era apparsa per Bompiani la sua ultima testimonianza di grande sperimentalista nel breve e intenso I passi sulla testa: un fraseggiare breve, punteggiature disseminate a go-go, suoni onomatopeici ossessivamente ripetuti. Una stoffa di scrittore che i lettori del Carlino ben ricorderanno quando ne era elzevirista o quando poterono leggerne alcuni romanzi qui pubblicati a puntate.