Ogni anno, quando il 27 giugno si avvicina, riemerge dal mare lo spettro del DC9 dell’ Itavia, assieme a quelli delle sue inconsapevoli vittime. Oggi aleggiano a Bologna, in un apposito museo, ma non trovano pace. E’ proprio da qui che si alimenta un duello ideologico senza fine, che dura ormai da trentuno anni. Perché Ustica, ormai, non è più un’isola da restituire all’incantesimo di cui la natura un tempo l’aveva privilegiata. E’ solo una questione ideologica a partiti contrapposti. Ma perché è stata scelta proprio Bologna quale capitale delle stragi? Un po’ per motivi logistici legati ai principali animatori del dibattito ed un po’ perché questa città di questioni ideologiche se ne intende davvero.

In barba a giudizi, ordinanze, sentenze e processi, si continuano a ripetere sempre le stesse cose, da anni, ciechi di fronte ad ogni evidenza, sordi a qualsiasi ragionamento che non porti nella direzione voluta, indifferenti a qualche decina di processi – non si tratta solo di quelli più noti, ai quattro generali dell’ Aeronautica - che hanno tutti, indistintamente, portato dopo vari gradi di giudizio all’assoluzione di ogni singolo imputato risultato dall’inchiesta dell’infaticabile giudice Priore. E’ l’unica Bibbia sulla quale il partito del missile continua a giurare. Due fatti mi vengono in mente. Una confidenza del compianto senatore Gualtieri, presidente della prima commissione Stragi, di fronte a un caffè al bancone del bar del Senato. “Qui, generale ci sono stati almeno due errori. Uno dell’Aeronautica, la sottovalutazione iniziale. L’altro, però, lo ha fatto lo Stato. Mi creda, se si fosse subito concordato un adeguato compenso per tutti, compagnia e famigliari, a questo punto il caso sarebbe già chiuso da un pezzo”. L’altro, è un’osservazione del Presidente Scalfaro, quando gli avevo fatto presente la difficoltà di guidare una forza armata oggetto di un continuo crucifige mediatico. “Caro generale, questo rumore di fondo è la colonna sonora del suo film. Non c’è niente da fare, ci si abitui…”.

La teoria del complotto, che si basa sulla metodologia della ripetizione, dice che più una tesi viene ripetuta, più nell’immaginazione collettiva diventa una base reale su cui costruire l’accusa. Non è che per Ustica ci troviamo in questa fattispecie?