Bologna, 3 luglio 2011 - Già da diversi anni l’Alma Mater prevede due corsi di laurea, uno di Informatica per il Management e l’altro in Scienze di Internet che sembrano polizze assicurative contro la disoccupazione. Infatti, a un anno dalla laurea, il 95 per cento degli studenti trova un lavoro. Una cifra record rispetto ai dati dell’università italiana, e anche rispetto al quadro di una crisi economica complicata. Il corso di studi in Informatica per il Management ha come scopo la formazione di una figura professionale di esperto in nuove tecnologie e nuovi mezzi di informazione, comunicazione e coordinamento. In pratica, il corso, triennale, insegna come utilizzare l’informatica e internet sia dentro le aziende sia per l’organizzazione e la comunicazione delle informazioni e dei loro processi di elaborazione. Un laureato in Informatica per il Management può leggere e adattare dati, programmi e sistemi informativi già esistenti oppure organizzarne di nuovi per scopi aziendali specifici. Ma più delle spiegazioni tecniche sono eloquenti i pareri degli ex studenti, che hanno accettato di rispondere ai questionari dell’università. «Il laureato in Scienze di Internet — dice Giulio — non ha davanti un solo mestiere, ma cento. L’importante è coltivare le proprie aspirazioni».

«La facoltà — spiega Federico — forma un tipo di persona che può integrarsi in quasi tutti gli ambienti professionali o in nessuno. E’ solo la volontà del candidato a determinare l’esito». Per iscriversi al corso serve un diploma di scuola media superiore di durata quinquennale. Bisogna anche superare un test che valuta la cultura generale, le capacità di ragionamento logico e di comprensione di un testo, e la conoscenza delle nozioni fondamentali della matematica. Chi non lo supera può iscriversi lo stesso, ma gli viene consigliato di frequentare un pre-corso di recupero. Il motivo per cui alle matricole viene chiesta una tale combinazione di competenze è intuitivo. Chiunque si trovi a lavorare con l’informatica e internet è chiamato a pensare un sistema economicamente redditizio (che serva a comunicare via telefono oppure a vendere prodotti sfruttando Facebook o a elaborare statistiche non ha importanza), e a trasformarlo in un software, cioè in algoritmi efficienti e adatti allo scopo. Insomma, la matematica al servizio dell’immaginazione, più o meno.

E per chi si laurea in Informatica per il Management, nel caso intenda proseguire gli studi, si apre la possibilità di ottenere una laurea cosiddetta magistrale, iscrivendosi al corso biennale in Scienze di Internet.  Chi esce da un corso del genere è in grado di sviluppare applicazioni web complesse, di progettare e realizzare software innovativi, di utilizzare competenze informatiche per costruire modelli di simulazione per il supporto delle decisioni aziendali, di applicare metodi, tecniche e strumenti per rendere un sistema informatico più sicuro. I risultati di tanto studio specialistico? Secondo uno studio effettuato da una commissione dei due corsi di studi, a un anno dalla laurea di primo livello (Informatica per il Management) l’occupazione tra gli ex studenti tocca quota 93 per cento, contro una media nazionale, per i laureati in materie scientifiche, dell’86,2 per cento. Per i laureati di secondo livello (Scienze di Internet) i dati sono ancora migliori. Negli ultimi tre anni Informatica per il Management ha avuto una media di cinquantacinque matricole all’anno, e sessanta laureati all’anno. Scienze di Internet ha sfornato una ventina di laureati all’anno. La somma dei laureati dei due corsi è superiore al numero delle matricole perchè negli anni precedenti alla crisi gli iscritti erano un centinaio all’anno.

LA CURIOSITA’:  A SAN LAZZARO UNA CASA EDITRICE SOLO DIGITALE

A qualcuno degli addetti ai lavori il suo nome dice qualcosa se associato a quello di Gene Gnocchi per cui da sei anni fa da autore per i testi insieme all’amico Luca Bottura. Ma Simone Bedetti (nella foto), 39 anni, studi prima al Minghetti e poi alla nostra facoltà di Filosofia, ha anche un’anima da imprenditore dell’editoria. Solo che cimentandosi in epoca di trionfo del digitale non poteva che creare un’impresa i cui prodotti si chiamano audiolibri, e-book, applicativi. E, dato che trattasi di materia in continuo divenire e per la gran parte ancora sconosciuta e da esplorare la srl aperta a febbraio 2010 alla Cicogna di San lazzaro è stata battezzata Area51 Publishing per ricordare lo spazio off limits del Nevada dove si dice siano custoditi tutti i segreti militari degli Usa.

Ma come si passa da Kant a Apple?
«Per la verità già nel ’96 feci un corso di editoria, ma cartacea, e nel ’99 aprii un’agenzia di servizi editoriali, sempre su carta, poi all’università con il professor Pier Luigi Capucci che si occupa di tecnologie di comunicazione svolsi delle ricerche sugli antesignani del web. Ma, soprattutto, amo i contenuti e la rete consente di farli circolare indefinitamente. Il digitale ha ‘sgabbiato’, cioè ha liberato i contenuti e ha messo al centro dell’attenzione editoriale il lettore».
E cosa fate per questo vostro soggetto privilegiato?
«Io ho una casa piena di libri ma ho sempre considerato il loro contenuto. Il supporto mi è sempre risultato indifferente. Il digitale ti mette a disposione una quantità di contenuti da vertigine e tende a spettacolarizzare i relativi modelli di fruizione. Si tende a replicare lo stesso effetto stupore che suscitò l’apparizione del cinema creando contenuti legati all’esperienza narrativa del lettore».
Quali nuove frontiere vi proponete di valicare?
«Con Mirko Baragiani, Alessandro Scolavino e lo Ied, l’istituto europeo del design di Milano, stiamo realizzando un prodotto per I-pad che illustra e anima dieci racconti in italiano e in inglese di Edgar Allan Poe con corredo di musiche e speakeraggio. Praticamente un’esperienza narrativa completa che esaurisce tutte le potenzialità del linguaggio. Ci immergiamo totalmente nel new world come novelli padri pellegrini e a me la cosa piace tantissimo».
Come si viene in possesso di questa novità assoluta?
«La commercializzazione comincerà probabilmente per il mercato statunitense con una versione bilingue italiano-inglese, ovviamente via web nel negozio virtuale della Apple a cui forniamo la piattaforma che ci si può assicurare a prezzi bassissimi: 0,79 euro per le App, 1,95 per gli audiolibri. Ne caricheremo uno a settimana sull’App Store».
Come si regge un’azienda con margini così bassi?
«L’editore diventa una sorta di banchiere che prolunga all’infinito il ciclo di vita del prodotto. Nelle modalità convenzionali su carta in un paio di mesi la spinta iniziale della novità si esaurisce, qui invece l’utente finale ha a disposizione per l’eternità questi contenuti. Niente va mai fuori catalogo».
E qual è il vostro long seller?
«L’Iliade di Omero in audiolibro: ne abbiamo vendute 2000 copie a 1.95 euro l’una. Idealisticamente il nostro obiettivo sarebbe quello di unire cultura e mercato e di ritrovare una certa artigianalità. Alla fine a far tutto saremo al massimo in dieci».
 

Lorella Bolelli