SONO MOLTI i bolognesi che hanno familiarità con il nome Clotilde Tambroni: sono le decine di migliaia che hanno frequentato, come me, la scuola elementare di Chiesa Nuova a lei intitolata, e coloro che abitano nella via a lei dedicata. Forse qualcuno non si è mai chiesto chi fosse questa donna. Figlia di un cuoco, nacque a Bologna il 29 giugno 1758 e fin da adolescente mostrò doti di apprendimento superiori a qualsiasi altro coetaneo. Pare che avesse appreso il greco assistendo alle lezioni che il grecista Emanuele Aponte impartiva ad uno studente che stava in affitto in casa Tambroni. Lo stesso Aponte, viste le capacità della fanciulla, le insegnò anche il latino. Pare anche che la giovane Clotilde, avendo vissuto una storia d’amore infelice, avesse deciso di dedicarsi agli studi tralasciando gli affetti. Compiuti i 20 anni, la Tambroni fu accolta nelle più prestigiose Accademie bolognesi, finche il 23 novembre 1793, benché priva di laurea, si vide assegnata la cattedra universitaria di greco.

Clotilde Tambroni non si limitò alle lingue morte, ma apprese anche le principali lingue straniere: francese, inglese e spagnolo; e fu anche poetessa. Nel 1798 si rifiutò di prestare giuramento alla neonata Repubblica Cisalpina e ciò le costò la cattedra. Si trasferì presso l’Accademia Reale di Madrid, ma l’anno successivo 1799, benché mantenesse le sue idee politiche, fu reintegrata nella cattedra di lingua e letteratura greca. Nel novembre 1808 terminò la docenza di Clotilde Tambroni: un po’ per motivi di salute e molto per la riforma dell’istruzione voluta da Napoleone che privilegiava gli insegnamenti tecnico-scientifici rispetto a quelli umanistici. La Tambroni fu orgogliosa di essere una delle poche donne docenti universitarie e sottolineò più volte il ruolo delle donne nella cultura. Morì il 2 giugno 1817, dopo aver vissuto paralizzata gli ultimi tempi della sua vita.
www.marcopoli.it