Bologna, 10 agosto 2011 - QUARTIERE che vai, moschea che trovi. Dopo Milano anche Bologna apre alla possibilità di creare una rete di luoghi di culto per i musulmani. L’idea che ha in testa l’assessore Amelia Frascaroli è semplice: «Serve più capillarità, ogni comunità religiosa dovrebbe avere luoghi di culto accessibili a tutti». D’altronde, sembra suggerire l’assessore comunale al welfare, i cattolici si accontenterebbero di una sola basilica? No. San Petronio è pur sempre San Petronio, ma ogni fedele si lega alla propria parrocchia. È storia antica. «Anche per i musulmani è giusto pensare a un percorso che istituzionalizzi e regolarizzi» non una, non due ma «tante mosche quante le comunità islamiche riterranno necessarie». La Frascaroli lancia una riflessione su quanto accaduto nella Milano capitanata da Pisapia, dove l’idea di una «moschea diffusa» (cioè di tanti piccoli centri per ogni quartiere della città) sta facendo molto discutere. «Credo — spiega la Frascaroli — che Milano possa rappresentare un esempio e un modello».

C’È DA DIRE, però, che sotto le Due Torri i luoghi di culto dell’Islam sono già diversi (via Pallavicini, via Terracini, via Stalingrado, via Libia e zona Barca), e che il progetto di un’unica grande moschea cittadina, partorito dall’attuale sindaco Virginio Merola, quando era assessore di Sergio Cofferati, fin dalla campagna elettorale di qualche mese fa era crollato su se stesso. «L’obiettivo di una mega-moschea è sbagliato», fu l’ammissione del candidato del Pd a Palazzo d’Accursio. Il progetto d’integrazione, invece, sarebbe dovuto passare attraverso i molti luoghi di culto già esistenti. Perché «l’ipotesi della moschea al Caab mi ha insegnato — aveva spiegato Merola — che non si raggiungono la convivenza e la necessaria sicurezza senza imposizioni e con tutta la dovuta gradualità».

È LA POLITICA dei piccoli passi. Pisapia apre Palazzo Marino e la Frascaroli plaude. «Anche se — sottolinea l’assessore — la giunta ancora non ne ha discusso e quindi questa riflessione ha soltanto un valore personale». La sua opinione, tuttavia, non fa una piega rispetto a quanto sostenuto dal sindaco in pectore in campagna elettorale. A Milano la costruzione delle piccole moschee di quartiere ha già una scadenza: entro un anno. A Bologna, invece, la discussione deve ancora iniziare. E in periodo di Ramadan è più urgente che mai, visto e considerato che le convenzioni di diverse strutture «sono scadute», conferma la Frascaroli.

PER ADESSO, dunque, l’amministrazione bolognese guarda Pisapia e prende — metaforicamente — appunti. D’altronde Merola non ha mai nascosto la volontà di fare squadra con Milano (e con Torino). A maggior ragione, quando si parla di Islam e moschee è sempre meglio assaggiare il terreno prima di muoversi. Spunteranno minareti per la città? La cosa è alquanto improbabile. «Il punto è un altro — sostiene la Frascaroli —. Se è importante garantire la sicurezza, anche la libertà di culto ha il suo peso. Ma per avere entrambe è necessario uscire da forme di semiclandestinità». E le moschee di quartiere sembrano essere la risposta dell’amministrazione.