Bologna, 15 ottobre 2011 - ERA VENUTO a Bologna con tutta la famiglia, moglie e due figli, alla vigilia del suo cinquantesimo compleanno. Doveva eseguire quell’esame di routine al Sant’Orsola e poi festeggiare, il giorno seguente, l’importante ricorrenza sotto le Due Torri. Invece per un uomo residente a Firenze, dipendente di una società di vigilanza privata, la trasferta bolognese si è trasformata in dramma. Alessandro Cuda è morto il 7 ottobre al Policlinico, mentre veniva sottoposto a una Tac nel reparto di Radiologia. Qualche giorno dopo la famiglia, una volta rientrata a casa, ha sporto denuncia tramite l’avvocato fiorentino Stefania Scarpati. «Vogliamo sapere il motivo per cui il nostro congiunto è morto — hanno messo a verbale —, visto che prima dell’esame stava bene».

CUDA era allergico al liquido di contrasto usato per eseguire la Tac, ma (stando ai referti medici già sequestrati) il liquido non gli era stato ancora somministrato al momento del malore fatale.
Dopo la denuncia, gli atti sono arrivati sul tavolo del pm Manuela Cavallo, che ha aperto un’inchiesta e iscritto sul registro degli indagati un medico radiologo, un tecnico radiologo e un infermiere, accusati di omicidio colposo.
Un atto dovuto, quello del magistrato, per permettere agli indagati di nominare i propri consulenti di parte in vista dell’autopsia. L’incarico è stato conferito ieri mattina e, nel pomeriggio, il medico legale Chiara Mazzacori ha eseguito l’esame autoptico alla presenza dei periti nominati dalla difesa, sostenuta dall’avvocato Pietro Giampaolo.
L’autopsia non ha però dato risposte definitive. Anche perché, qualche giorno fa, il Sant’Orsola aveva già eseguito una prima autopsia in via amministrativa, quindi parte degli organi erano già stati prelevati. Ora, per capire la causa del decesso, bisognerà attendere l’esito degli accertamenti istologici. E’ ipotizzabile, comunque, che si sia trattato di un problema cardiaco.

ALESSANDRO CUDA nel 20008 era stato colpito da un aneurisma e da allora era in cura al Sant’Orsola. Gli era stata applicata una protesi all’aorta e doveva sottoporsi a periodici controlli. Proprio per questo era arrivato a Bologna. Il paziente aveva avvisato i medici della sua allergia al liquido di contrasto e, come ‘antidoto’, gli era stata somministrata la solita terapia a base di cortisone. Non era la prima volta.
Ma, forse, qualcosa stavolta è andato storto: «Gli hanno messo la flebo — hanno spiegato i familiari —, ma il liquido andava giù troppo velocemente».
Una volta terminata la flebo, Cuda è entrato nella sala della Tac ed è stato posizionato sulla macchina per lo ‘scanogramma’, cioè una scansione che serve a mettere nella corretta posizione il paziente.
A quel punto, gli stava per essere somministrato il liquido di contrasto quando, all’improvviso, il cinquantenne si è sentito male. I sanitari si sono precipitati dentro e hanno poi chiamato i rianimatori. Ma, nonostante gli sforzi, non c’è stato nulla da fare.
Ora la famiglia chiede sia fatta piena luce sul decesso.
«Una morte per un’improvvisa crisi cardiaca non riconducibile ad alcuna attività sanitaria», dice l’avvocato Giampaolo. Ma la Procura vuole vederci chiaro.