Bologna, 30 ottobre 2011 - Aveva lo studio in una laterale di via Murri, in un tratto dove le piante denunciavano l’aria dimezzata dal cemento e la luce razionata dalle cornici dei tetti. Dalla finestra non si godeva gran che, per lo più lo sguardo rimbalzava sui tettucci delle auto che formavano una coda metallizzata. Ma a Giuseppe Ferrari non interessava ciò che si notava fuori, non aveva bisogno di visioni per così dire tradizionali per dipingere, anzi, meno vedeva, meglio stava.

Diceva che le cose migliori gli apparivano quando teneva gli occhi chiusi, quando memoria e fantasia giocavano con elementi più sognati che vissuti. Giuseppe Ferrari, uno degli ultimi della pattuglia degli informali teorizzati da Francesco Arcangeli, se ne è andato per sempre, ha vissuto a lungo esorcizzando la solitudine tenendosi stretto all’illusione. Diceva che la pittura è una fascinosa falsità, che il colore è una pallottola diretta a quello che la mente immagina percorrendo la filigrana dei ricordi. Ferrari, nato a Bologna, avrebbe compiuto nel prossimo maggio 91 anni, quindi doveva avere una bella scorta di ricordi. Aveva modi compassati, era un distinto signore dai toni misurati e cortesi.

Lo ricordiamo in un incontro avvenuto proprio nel vecchio studio, in quell’ambiente dove ogni stanza sembrava la sala prove dell’invenzione. Quadri ovunque, e carte distribuite come un tappeto, come una striscia che nel ripasso lo portava a rivedere le Biennali veneziane dove era stato invitato nel 1964 e nel 1994, a ripercorrere iniziative convissute con Sergio Vacchi, Bruno Pulga, Pompilio Mandelli, Sergio Romiti, a ricostruire la propria vicenda passando dai lavori dell’immediato dopoguerra agli influssi cubisti, dalle composizioni imbevute di accordi alla Cézanne per giungere alla stagione dell’ultimo naturalismo, quindi a un informale coniugato all’astratto.

Ferrari ha dipinto fino a non molto tempo fa, gli è sempre stato vicino Giuliano Zini, un amico che lo ha coadiuvato nell’allestimento di mostre e nella realizzazione di cataloghi. Ora nello studio scorre una pellicola senza sonoro, ci sono i dipinti, muti testimoni di un’esistenza da poco conclusa, ci sono scritte vergate dallo stesso artista, citazioni di Seneca, Leonardo, Jabès, parole segnate perché le idee – diceva - non nascano orfane prima di nascere. Le stanze corrispondono dunque a capitoli di una lunga storia. I funerali di Ferrari si terranno domani alle 10.30 in Certosa.