SECONDO mons. Ernesto Vecchi, in «Antenna Crucis. Il passaggio dall’analogico al digitale» (Edizioni dehoniane), ad un inquinamento dell’aria corrisponde, oggi, un inquinamento dello spirito. Con altri accenti Gregory Bateson ha parlato di un’«ecologia della mente» altrettanto importante di quella ambientale.
Quello della Rete è un tema circoscritto alla cerchia degli esperti, in genere inclini ad enfatizzarne il carattere liberatorio. Mons. Vecchi entra in questo mondo senza soggezioni, leggendo la rivoluzione digitale come un’interfaccia della crisi, vista non solo in termini economici, ma anche etici. Cita Romano Guardini. Non rinuncia ad incursioni nelle ‘Lezioni americane’ di Italo Calvino. O nei lavori dell’estetologo Mario Perniola. Riprende suggestioni del bolognese Paolo Granata. Intravede una nuova figura, quella del ‘cittadino giornalista’, in un fai-da-te, consentito dal web.

Il punto centrale della sua riflessione è l’opposizione vero/falso, che, nella società ‘liquida’, come ha evidenziato Zygmunt Bauman, senza fondamenti, rischierebbe di scomparire, sì da determinare un «mutamento antropologico». Internet, da strumento, si trasforma in mondo, il mondo in cui siamo chiamati a vivere. Ormai non c’è rapporto che non sia mediato dalla tecnologia, diventata la ‘trama’, l’‘ordito’ d’una realtà virtuale. D’altra parte, come ha osservato Carlo Formenti (Incantati dalla rete): «Non vince chi controlla i territori reali, ma la geografia immateriale delle reti informatiche».
Quella dei media elettronici non è solo ‘villaggio globale’, come sosteneva Marshall McLuhan. E’ cultura hacker del ‘villaggio plurale’. Alla logica aristotelica — vero o falso, terzo non dato — si contrappone la non-logica fuzzy, «che considera un enunciato contemporaneamente vero e falso».

Nella sfera pubblica la ricerca del consenso abbandona la via argomentativa a favore della sollecitazione sensoriale. Non si mira più a convincere, bensì a sedurre. Abbiamo visto che cosa ha significato nella vicenda politica degli ultimi anni. Non i fatti, ma l’annuncio. Non il governo, ma il racconto. Il format e il casting hanno la meglio su proposte e contenuti. Sino ad una stretta che porta a rivalutare i toni grigi, sobri, una serietà sino all’altro giorno ritenuta troppo poco glamour. Ma l’universo mediatico è ambivalente: può contribuire al male o al bene. Mons. Vecchi conclude con un’immagine formulata in modo poco curiale: «Noi — spiega — per evangelizzare tra le turbolenze del mondo d’oggi, dobbiamo imparare a navigare ‘a vela’ (cioè con prudenza) anche tra i marosi del cyberspazio, pur ricorrendo, talvolta, alle astuzie del surfista».