Bologna, 22 dicembre 2011 - VIA MARCELLA DI FOLCO. Comunque la si voglia guardare, una strada intitolata a una persona transessuale in Italia non esiste. Non ancora. La proposta lanciata da Sel a Palazzo d’Accursio sarebbe quindi un caso senza precedenti, anche se la Di Folco non era nuova al clima da primato: nel 1995 venne eletta consigliere comunale, la prima trans con una carica politica al mondo.
E dopo lo scontro tra consiglieri in Commissione, che ha mostrato un Pd ancora una volta diviso, l’agguerrita Cathy La Torre (Sel) promette battaglia: «Questo è stato un campanello d’allarme: su questi temi non potremo andare avanti compatti come maggioranza». Parole trancianti.

La Torre, lei ha presentato l’ordine del giorno sull’intitolazione di una via a Marcella di Folco assieme al capogruppo dello stesso Pd, Sergio Lo Giudice. Come mai allora non c’è stata compattezza?
«È il pregiudizio: un trans non si merita il riconoscimento per la battaglia fatta in vita. Maurizio Ghetti (il consigliere del Pd che ha sollevato qualche obiezione sul regolamento della toponomastica, ndr) non si può nascondere dietro un dettaglio tecnico. Se Marcella fosse stata un medico, un commerciante, un avvocato, non ci sarebbero state obiezioni di questo tipo».

Ma ci sono altri nomi, già inseriti nella Commissione toponomastica, che aspettano una via da titolare. Perché dare la precedenza a Marcella Di Folco? E poi bisognerebbe aspettare dieci anni dalla morte prima di intitolare una strada, salvo deroghe particolari.
«La Commissione deciderà autonomamente quando conferire il nome a una via e se per Marcella bisognerà aspettare dieci anni, così sia».

E allora il voto dell’aula cosa conta?
«Noi in Consiglio possiamo esprimere una volontà politica, perché quel nome entri nella lista. Non farlo significherebbe dichiarare che la battaglia contro ogni tipo di discriminazione della Di Folco non è stata giusta».

Dal centrodestra ci sono state obiezioni?
«Certamente, e la cosa più spiacevole è che il Pdl abbia sollevato dubbi ricordando che Marcella si prostituì in passato. Senza capire che a quell’epoca, per persone come lei, non c’era nessun altro modo per guadagnarsi da vivere».

E ora che ha trovato così tanti ostacoli cosa farà? Lascerà che sia il Consiglio a esprimersi liberamente in aula?
«Prima che si arrivi alla votazione in Consiglio raccoglierò firme per una sottoscrizione. Assieme al Mit (Movimento identità transessuale) cercheremo personaggi della cultura e della politica nazionale, che conoscevano bene Marcella Di Folco. Poi presenterò il documento in Consiglio. Così il Pd non potrà evitare l’argomento».

Scacco matto all’alleato, insomma. Dopo questa prima frattura, il Pd rischia di perdere il suo ‘braccio sinistro’?
«No, perché nel Pd c’è un orientamento per larga parte favorevole a questo atto».

‘Larga parte’ non è unanimità, però. Sui temi civili ed etici si prevede una certa distanza tra Pd e Sel...
«Sì, sulle scelte personali che riguardano diritti civili, etica, antiomofobia viene messa in discussione l’unità d’intenti della maggioranza».

Si sarebbe aspettata questa distanza dall’ala cattolica del Pd quando vi siete insediati?
«No, sinceramente. Perché venivo dalla bella esperienza con la Frascaroli, cattolica ma apertissima».

Per la sottoscrizione contatterete anche la Chiesa bolognese?
«Certamente. Ricordo che don Nicolini celebrò il funerale di Marcella. E un anno dopo, l’omelia di ricordo, venne tenuta da monsignor Vecchi».