Bologna, 23 dicembre 2011 - GLI SGUARDI del vescovo e del transessuale si incontrano, un giorno di maggio, in piazza Maggiore. Il prelato è monsignor Ernesto Vecchi, allora vescovo ausiliare; lei è Marcella Di Folco, storica fondatrice del Mit (Movimento identità transessuale), scomparsa nel settembre 2010. Al tempo è consigliere comunale dei Verdi, prima trans eletta al mondo. L’occasione è la benedizione della Madonna di San Luca.
 

Monsignor Vecchi, come andò?
«Al momento della benedizione, alzo gli occhi e la vedo, sul terrazzino del Comune sotto la statua di papa Gregorio XIII, che si fa il segno della croce».
La cosa la incuriosì?
«Molto. La chiamai, volevo sapere. ‘Io la fede ce l’ho’, mi disse».
Le chiese di comprenderla?
«No. Mi disse ‘so che lei non mi può approvare’. Si sentiva in contraddizione profonda con la propria fede, ma non la perse mai. ‘Ho fatto ciò che mi sentivo di dovere fare’, diceva, ‘e so che lei non può darmi ragione».<CF201>
Era praticante?
«Questa è una sfera molto privata, che deve restare tale. Ricordo però un aneddoto, che lei mi raccontò. A Natale e a Pasqua, ogni volta che il Papa parlava in tv, chiedeva a tutti quelli che erano in casa con lei di mettersi in ginocchio».
Lei andò alla camera ardente, in Comune. Una presenza che sorprese non poco.
«Ne parlai con l’arcivescovo Caffarra. Non ebbe esitazione: ‘Vada pure’, mi disse. Mi sembrò doveroso ricambiare la visita che mi aveva fatto un anno prima, il 2 ottobre».
Venne a trovarla in Curia?
«A dire la verità, fui io a chiederle se potevo andarla a trovare».
Lei cosa rispose?
«‘Per carità, non sia mai che un vescovo venga da me. Vado io dal vescovo’. E venne».
Era già malata?
«Sì, non stava già bene. Aveva già perso i capelli per le chemioterapia, camminava appoggiandosi a un bastone. Ma insistette per venire lei. Mi sono quasi vergognato...».
Pensa spesso a questo incontro con la Di Folco?
«Prego sempre per lei. È nella lista delle persone per le quali prego».
Ora c’è chi chiede di intitolarle una strada o una piazza di Bologna. lei che ne pensa?
«Oh no, non tocca certo a me...».
No, ma in linea teorica sarebbe d’accordo?
«Io credo, e qui parlo a titolo personale, che segnali come l’intitolazione di vie, siano da destinare a persone che rappresentano qualcosa di condiviso».
Marcella Di Folco divide?
«Mi pare che, proprio su questa proposta, ci siano già le prime divisioni. Diciamo che questa proposta sa un po’ di azzardo. Il rischio è che venga letta come una provocazione. E la Di Folco non provocava».
Insomma, lei non è d’accordo.
«Non voglio certo mettermi contro chi ha fatto la proposta. Ma, ripeto, mi sembra un azzardo. Sarebbe meglio mettere in primo piano ciò che ci unisce su ciò che ci divide. La Chiesa non toglie i valori che una persona esprime, ma non vuole trasformarli in provocazione sociale. Credo che neppure lei sarebbe d’accordo. In ogni caso, al di là dell’intitolazione, credo che chi vorrà saprà trovare un altro modo di onorare la memoria di Marcella Di Folco».