Bologna, 31 marzo 2012 - A VOLTE succede. Che una persona in punto di morte lasci i suoi beni a un ente illuminato. A Bologna, di solito, la Chiesa, l’Alma Mater o il Comune. E capita che a volte il lascito sia ingente: denaro e appartamenti, palazzi magari. E’ più raro però che l’arcidiocesi erediti una multinazionale. Più o meno è quello che è successo alla curia di Bologna dopo che sono state rese note le volontà testamentarie di Michelangelo Manini.

L’imprenditore, scomparso il 17 marzo 2012, dopo aver combattuto inutilmente contro una lunga malattia, ha lasciato tutti i suoi beni alla curia bolognese, compresa la proprietà della Faac, la multinazionale fondata nel 1965 dal padre Giuseppe. La Faac fu la prima società al mondo ad applicare i principi dell’oleodinamica e dell’elettronica nella produzione dei cancelli automatici.

Giovedì mattina è stato aperto il testamento dell’imprenditore scomparso e in via Altabella hanno saputo di aver ereditato un’azienda con stabilimenti e filiali in giro per il mondo. La notizia è stata accolta con grande sorpresa, dato che fino a ieri il nome di Manini non risultava nell’elenco dei benefattori della Chiesa.
Il contraccolpo è destinato ad avere comunque degli effetti sull’assetto dell’azienda. Manini, infatti, non si occupava in prima persona della gestione, che aveva delegato al management. E i dirigenti, adesso, dovranno misurarsi con una proprietà totalmente diversa da quella che ha caratterizzato la vita dell’azienda fino a un mese fa.
 

La Faac vanta numeri importanti. Nonostante la crisi economica, ha un fatturato che supera i duecento milioni di euro ed ha acquisito da poco una società svizzera, trasferendone la produzione nello stabilmento di Zola Predosa. Un raro esempio di delocalizzazione a favore dell’Italia. Il primo passo da parte della curia di Bologna, una volta appresa la notizia, è stato quello di nominare un proprio delegato all’interno del consiglio di amministrazione della Faac.

SARÀ l’avvocato Andrea Moschetti, stretto collaboratore dell’economo dell’arcidiocesi, monsignor Gian Luigi Nuvoli, a ricoprire la carica di presidente della società. «E’ la prima volta che una diocesi diventa proprietaria di una multinazionale – spiega l’avvocato Moschetti – ma l’intenzione è quella di andare avanti nella direzione tracciata da Michelangelo Manini. Altro in questo momento non posso dire».
 

Un’eredità impegnativa: la Faac ha più di mille dipendenti ed è in ottima salute. Dal 1965, anno della fondazione, a oggi, solo il bilancio del 2009 è stato segnato dagli effetti della crisi. L’azienda, infatti, conosciuta per aver inventato in Italia il mercato dei cancelli automatici, nel tempo ha diversificato le sue attività ed ora gran parte del suo business è legato alla produzione di soluzioni di automazione e controllo accessi in ambito commerciale e direzionale: porte automatiche scorrevoli e battenti, applicazioni per parcheggi, barriere, automazioni per portoni e porte industriali, dissuasori di traffico veicolare, ingressi automatizzati nei parcheggi, nelle autostrade.

NEGLI anni Ottanta si rese protagonista di un memorabile spot pubblicitario in cui un leone era messo a guardia di un cancello chiuso che per magia si apriva al passaggio di una Ferrari. Grazie ad una collaborazione con la società autostrade nel 1993 la Faac brevettò le barriere automatiche ad alte prestazione che diedero il via agli ormai consolidati Telepass, mentre nei primi anni del nuovo secolo ha aperto le sue filiali in Polonia, Cina, Svezia e Belgio. Attualmente è proprietaria di 43 brevetti, ed è impegnata anche in iniziative sociali e di beneficenza.

di Massimo Selleri