Bologna, 16 aprile 2012 - “Siamo dei sanitari, ma non trattateci come cessi”. Forse e’ lo striscione che meglio sintetizza la protesta degli specializzandi di Bologna che, come i loro colleghi nel resto d’Italia, sono scesi in piazza per manifestare contro la norma che, inserita nel cosiddetto decreto “Crescitalia”, li obblighera’ a pagare l’Irpef equiparandoli ai lavoratori dipendenti.

Sotto le Due torri hanno sfilato in tanti, intorno ai 400 (fino a 700 per gli organizzatori dell’Associazione specializzandi), muovendosi in corteo dai padiglioni del Sant’Orsola, sui viali (andati in tilt) e per tutta via San Vitale fino a piazza Maggiore. Li’, in camice bianco, hanno “occupato” per intero le scalinate di San Petronio, prima di spostarsi davanti all’ingresso del Comune per un presidio conclusivo. Uno di loro un “cesso”, vero, se lo porta in giro per tutta la durata del corteo. “Schiavi per cinque euro l’ora” e l’immancabile “Noi la crisi non la paghiamo” i cori piu’ gettonati. “Stipendio Trota = quello di 13 ricercatori, su quali cervelli conviene puntare?”, recita un altro striscione.

Il percorso della manifestazione viene disseminato di volantini: “Abbiamo la responsabilita’ della tua vita per cinque euro all’ora, noi non ci stiamo”. Quella di oggi, pero’, e’ solo la prima delle due giornate di sciopero e protesta degli specializzandi: domani, infatti, il decreto verra’ discusso in Parlamento ed e’ prevista una manifestazione in piazza Montecitorio. Dalle Due torri partiranno quattro autobus, spiega Luca Santi, vicepresidente dell’Associazione specializzandi di Bologna (AsSpeBo), che aderisce a Federspecializzandi. Intanto “a Bologna siamo 800 e qui ci sono 600 o 700 persone - esulta Santi - l’adesione e’ praticamente totale”.

Le ragioni per protestare, spiega il portavoce degli specializzandi, non mancano. “Abbiamo un contratto, approvato cinque anni fa, che ci colloca a meta’ strada tra gli studenti e i lavoratori”, ricorda Santi, dunque “paghiamo le tasse universitarie”, circa 2.000 euro all’anno, “ma sottostiamo a tutte le responsabilita’ civili e penali, come fossimo medici al 100%”. Lo stipendio e’ forfettario: 1.500 euro al mese calcolati su 38 ore lavorative, “ma in media - racconta Santi - ne facciamo 60” e “la guardia notturna o quella festiva non certo ci viene pagata come ai lavoratori”.

L’Irpef al 23%, sottolinea l’Associazione, pesera’ nelle buste paghe tra i 220 ed i 300 euro: “E in tanti qui hanno un mutuo da pagare”, manda a dire Santi, ricordando che la “minaccia” Irpef pende anche su borse di studio e dottorandi. Quella contro la nuova norma, pero’, e’ una corsa contro il tempo: se non interverranno modifiche “entrera’ in vigore da subito - conclude Santi - e girano perfino voci sul fatto che possa essere retroattiva”.

Fonte Dire