Anzola dell'Emilia (Bologna), 10 giugno 2012 – «HO COLPITO alle gambe Dino ricordandomi quanto mi aveva suggerito Sonia, che mi aveva indicato nella gamba destra il punto debole dell’ex marito». Giuseppe Trombetta, messo di fronte alle troppe contraddizioni del proprio racconto sulla serata, confessa. Un giorno e una notte in caserma gli hanno suggerito che i carabinieri ormai hanno capito tutto. Trombetta alle 2,57 della notte precedente, circa un’ora dopo il delitto, è andato con l’amico Sanna al pronto soccorso dell’ospedale di Modena per farsi medicare una frattura del setto nasale e una ferita a una mano. Ai militari ha detto di essere stato aggredito da alcuni stranieri a Nonantola, ma la versione non regge. E allora non gli resta che parlare.

«VOGLIO raccontarvi come sono andati i fatti perché non ho intenzione di prendermi le responsabilità degli altri», fa mettere a verbale. Spiega di essere andato in auto con Thomas Sanna nell’abitazione di via Turrini. Il piano è stato preparato con largo anticipo. «Abbiamo nascosto la macchina al di là dell’argine — continua — e ci siamo nascosti dietro il magazzino per gli attrezzi nell’aia. Thomas ha strappato i cavi delle luci esterne e abbiamo aspettato l’arrivo di Dino». Lui è un peso massimo e per stenderlo servono almeno due persone. Trombetta non l’ha mai visto prima ma Sonia, spiega lui, gli ha mostrato una foto per riconoscerlo. «Abbiamo preso in mano dei tubi metallici che abbiamo trovato per terra — prosegue —. Quando Dino è sceso dalla macchina, Thomas l’ha aggredito colpendolo con il tubo. Dino ha reagito e lo ha scaraventato a terra». Anche Trombetta si fa sotto e la vittima designata lo stende con un pugno, «ma io d’istinto l’ho colpito con il tubo alla bocca e poi quando era a terra sia io che Thomas lo abbiamo ripetutamente colpito». È un massacro. «Non volevamo ucciderlo — dice Trombetta —, ma solo dargli una lezione, così come voleva Sonia la quale erano mesi che provava rancore per il marito e voleva fargliela pagare».

LE MODALITÀ del pestaggio sono state discusse in anticipo con la ‘beneficiaria’ Sonia: «In particolare abbiamo discusso degli orari e del fatto che Sonia avrebbe fatto bere la sorella per tenerla buona durante l’aggressione», dal momento che abita nello stesso casolare. Sanna di fronte agli inquirenti cerca in ogni modo di tenere fuori l’amante, negando ogni responsabilità della donna. Ma alla fine crolla pure lui: «Il 6 giugno — racconta — io, Trombetta e Sonia abbiamo progettato di dare una lezione all’ex marito. Sonia ci ha nella circostanza invitato a percuoterlo, ma non ad ammazzarlo». Il progetto, precisa l’uomo, «era quello di dare una lezione a Dino, rubargli la macchina e incendiarla, in modo da spaventarlo ed evitare che Sonia subisse altre vessazioni. L’accordo l’abbiamo preso il giorno in cui siamo andati a prendere la benzina». E la sera del delitto, a cena, i tre hanno perfezionato il patto scellerato, senza però prevedere che il peso massimo Dino non sarebbe stato d’accordo.

di Enrico Barbetti