Bologna, 26 giugno 2012 - PER CONSOLARE tutti i genitori con un figlio scavezzacollo può bastare la storia di Stefano Poggipolini. Suo papà Calisto, nel 1950, aveva fondato un’aziendina con il nome di famiglia. All’inizio produceva casse per orologi. Poi, inseguendo i cambiamenti del mercato, pezzi per le parti idrauliche delle poltrone per dentisti. Senonché Stefano, a 16 anni, decide di entrare in azienda e di coltivare, contemporaneamente, la passione per il motocross. E dalla combinazione delle due cose a Calisto viene in mente di produrre pezzi in titanio per le bici e per le moto. Pezzi più leggeri e più resistenti all’usura. Da lì in poi, la Poggipolini ha incrementato la propria vocazione, per arrivare, oggi, a rifornire case automobilistiche, team di Formula Uno e grandi aziende aeronautiche. Grazie alla lavorazione altamente specializzata di materiali come il titanio, il carbonio, e le superleghe dell’acciaio (guarda il video).
 

Poggipolini, è bastata la sua passione per le moto ad accendere una luce sugli affari di famiglia?
«È stata una spinta importante. Ci ha aiutato a fare due cose: la prima, fondamentale, inventare un lavoro che non esisteva, cioè creare pezzi speciali; la seconda, crederci a tal punto da partecipare, a metà anni Settanta, al Motor Show col nostro piccolo stand».
Ma i clienti come sono arrivati?
«Quasi naturalmente. Perché noi facciamo parti meccaniche che resistono molto meglio delle altre allo stress».
Quando si è detto che l’idea poteva funzionare?
«Quando la Ducati e la Brembo ci hanno chiesto di produrre per loro. All’inizio vendevamo una vite a ventimila lire e ci dicevano che nessuno le avrebbe mai comprate. Anche perché solo noi le facevamo in titanio».
Invece andò bene?
«Tanto che alla fine degli anni Ottanta mi presentai alla Ferrari per proporre i nostri prodotti».
Cos’hanno di particolare?
«Siamo bravi nella lavorazione meccanica di alta precisione con leghe speciali».
Perdoni l’ignoranza. Col ferro o l’alluminio cambia qualcosa?
«Tutto. Prenda un aereo con la fusoliera in carbonio piuttosto che in alluminio. A quel punto vanno riprogettati i fissaggi, cambiano le dimensioni dei pezzi, i pesi, le resistenze».
Quindi voi non vi limitate a fare i terzisti su commissione. Vi occupate anche della progettazione oltre che della produzione dei pezzi.
«Il nostro è un mestiere affascinante proprio per questo. Non esiste una routine, ogni giorno c’è una novità. Sotto forma di un nuovo problema da risolvere».
La crisi, dal 2008 in poi, ne ha sfornati di continuo.
«Ci ha penalizzato molto il taglio dei costi in Formula Uno, che ha comportato minor ricerca sui pezzi e i materiali. Adesso per noi il settore rappresenta il 20 per cento del fatturato».
Il resto da dove viene?
«In buona parte dall’aeronautica, dove siamo entrati diversi anni fa. Negli ultimi anni c’è stato un forte impulso a costruire aerei in nuove leghe, più leggeri e resistenti, in modo da ridurre i consumi di carburante senza diminuire la sicurezza».
È possibile?
«Eccome. Nel settore, poi, i controlli sono serissimi. Una delle nostre viti deve passare venticinque verifiche, non solo da parte nostra ma anche di enti certificati. Un lotto di cento viti comporta una relazione tecnica di duecento pagine».
Oltre alla Formula Uno e all’aeronautica, producete per altri settori?
«Abbiamo acquisito la Ncr, dove costruiamo moto speciali ad altissimo contenuto tecnologico. E continuiamo a produrre pezzi speciali per i clienti privati. Molti sono ducatisti che usano i nostri prodotti per alleggerire le loro moto».
Aerei, moto, bolidi. Non vi manca niente.
«Da diversi anni lavoriamo anche per l’automotive. Progettiamo e creiamo pezzi per le supercar di serie, Ferrari, Porsche, che devono coniugare leggerezza, potenza e resistenza».

di MARCO GIRELLA