Bologna, 2 agosto 2012 - SEMBRA semplice. Mettiamo tutto su Internet. Ma non è così. Occorre, invece, operare un delicato bilanciamento di diritti e interessi contrapposti. Il tema è giuridicamente complesso e ha dato già luogo a rilevanti sentenze, anche di Cassazione, e a numerose decisioni dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali. Occorre partire da una considerazione di fatto.

La pubblicità, cioè il modo di rendere conoscibili le informazioni, non è la stessa su Internet e fuori da Internet. Il modo di fruire dell’informazione non è il medesimo: su Internet chiunque può fruirne senza limiti, a meno che non siano disposte espressamente alcune restrizioni (intranet, accesso con user id e password, ecc.). Inoltre, dell’informazione si perde il controllo nel tempo (si pensi al tema del diritto all’oblio) e nella diffusione successiva. Non così fuori da Internet, ove l’esperienza e il diritto hanno portato a introdurre limiti per bilanciare diritti contrapposti. Alcuni esempi. Qualche anno fa l’Agenzia delle entrate pubblicò tutte le dichiarazioni dei redditi degli italiani su Internet e fu censurata dal Garante per la protezione dei dati personali. Analogamente, come è noto, le graduatorie non si possono pubblicare su Internet se non con particolari accorgimenti. 

COME si legge nel bel libro di Viktor Mayer-Schönberger, intitolato “Delete. The virtue of forgetting in the digital age”, su Internet tutte le informazioni rimangono per sempre disponibili e la Rete non dimentica. Ce lo ha ricordato anche il Commissario europeo Reding, nel presentare la nuova proposta di regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, in cui ampio spazio trova il cosiddetto diritto all’oblio. Dunque la pubblicazione on line e la pubblicazione off line costituiscono situazioni giuridiche differenti. Occorre aver riguardo non soltanto alla tutela dei diritti soggettivi delle persone coinvolte, ma anche ai parametri diversamente declinati del tempo e dello spazio nella pubblicazione delle informazioni. Nel senso della ricerca di un bilanciamento fra diritti e interessi contrapposti si è mosso l’Ateneo bolognese, con un regolamento innovativo sulla pubblicità degli atti che tiene — fra l’altro — conto del tempo di pubblicazione, il quale viene limitato a tre anni. Ancora, la pubblicazione on line delle informazioni deve osservare il principio di necessità, sancito dalla legge per tutte le informazioni, e dunque limitarsi a quanto indispensabile.

Al riguardo, la soluzione scelta dall’Ateneo ha tenuto conto delle modalità di accesso e dell’essenzialità del contenuto di ciò che deve essere pubblicato. Ciò che non è direttamente pubblicato è peraltro accessibile diversamente, nei modi previsti dalla legge. Come dispone il regolamento, sono pubblicati: le relazioni istruttorie, le deliberazioni comprensive dell’espressione del voto nominativo ove reso in forma palese ed anche gli allegati.
Come si è formata la volontà dell’organo e come hanno votato i suoi membri dunque è oggetto di pubblicazione. Il dibattito non è invece integralmente pubblicato, ma è comunque verbalizzato e conoscibile. Dunque il tema non è ciò che è può essere in generale conosciuto, ma ciò che viene pubblicato automaticamente anche on line.
Questo vale anche per la discussione che precede la delibera la quale può ben avvenire con modalità diverse dalla pubblicazione on line. La pubblicazione non coincide con la conoscibilità e la non esaurisce. E trasparenza non significa pubblicare tutto su Internet che, non dimentichiamolo, è un deposito e non un archivio strutturato della conoscenza.
 

Giusella Finocchiaro, Ordinario di Diritto di Internet e Diritto Privato all’Università di Bologna