Bologna, 28 agosto 2012 - "Siamo tranquilli sul fatto che la causa del decesso non dipende dal trattamento messo in atto per la crisi. E siamo sereni anche perche' di recente, su richiesta della nonna del ragazzo, avevamo eseguito una serie di controlli medici per presunti problemi cardiaci. Gli esiti furono tutti negativi". Pietro Segata, il presidente della cooperativa Dolce di Bologna, non e' preoccupato per l'inchiesta aperta dalla Procura sul decesso del 20enne, malato psichico, morto ieri sera all'interno della casa protetta "Casa Dolce" di Casalecchio di Reno, dopo essere stato immobilizzato dagli operatori sanitari in seguito ad una crisi di ira. Segata, che sull'episodio ha ricevuto una prima relazione gia' questa notte, spiega che il 20enne era ospite della struttura dal marzo 2011.

Ieri sera, al momento dell'attacco, era rientrato da poco nella casa protetta: "Il weekend lo aveva passato a casa della nonna, a cui e' stato affidato dal Tribunale quando era ancora minorenne. La giornata di ieri, poi, l'aveva passata con la madre- spiega Segata- al rientro, alle 20.40, il ragazzo era molto nervoso. La crisi e' avvenuta subito dopo, prima delle 21: ha cominciato a dare in escandescenze, gli operatori lo hanno immobilizzato tentando di calmarlo, uno di loro si e' fatto anche male. Nel frattempo, e' stato chiamato il 118 chiedendo un intervento per un Tso".

Piu' preciso il racconto di Carla Ferrero, responsabile dei servizi della Dolce, che sottolinea: "Il ragazzo era ancora vivo quando sono arrivati i Carabinieri e l'ambulanza, su cui presumo ci fossero solo i paramedici. Poi e' stata chiamata l'auto medica con il medico. In attesa che arrivasse, una nostra operatrice gli ha accarezzato i capelli per calmarlo e si e' accorta che un orecchio stava diventando blu: a quel punto e' scattato l'allarme".

Gli operatori del 118 hanno fatto uscire dalla stanza quelli della casa protetta e nel frattempo e' arrivato il medico. "Ci hanno spiegato che ha tentato di rianimarlo per oltre mezz'ora. Il decesso e' stato constatato alle 22.45". Insomma, da quanto spiega Ferrero, "non si e' capito esattamente il momento in cui si e' sentito male". I primi ad arrivare, attivati dal 118, sono stati i Carabinieri, spiega Ferrero, fatti intervenire perche' si trattava di eseguire un Tso. "Conoscevano la situazione, qualche mese fa erano gia' venuti, sempre per un Tso al ragazzo", spiega Ferrero. La chiamata al 118, chiedendo un Tso, e' stata fatta intorno alle 21.20. I Carabinieri sono arrivati verso le 21.40, spiega Ferrero "a spanne", mentre il 118 una decina di minuti dopo. C'e' da tener presente che la chiamata era per un Tso, non per un'urgenza. "Quando e' arrivata l'ambulanza, si e' ritenuto necessario far venire l'auto medica per sedare il ragazzo". Nell'attesa che questa arrivasse, "il ragazzo e' rimasto li' con gli operatori del 118 e quelli della casa protetta". E' a quel punto che una delle operatrici si e' accorta dell'orecchio.

Ferrero e' piuttosto sconvolta per l'accaduto. "Per noi e' una tragedia, quella era la sua casa. E' una cosa terribile, aveva solo 20 anni. Gli operatori sono abituati a fronteggiare crisi di questo tipo, ma e' tremendo pensare che sia morto. Speriamo che l'autopsia chiarisca le cause, soprattutto per loro". Anche Ferrero ricorda lo "screening completo fatto di recente, da cui non era emerso nulla". Questo controllo era stato fatto fare nella primavera scorsa su richiesta della nonna. "Temeva avesse problemi cardiaci e ci ha chiesto di controllare. Noi gli abbiamo fatto fare uno screening completo, venne rivoltato come un calzino. Poi nei mesi scorsi ha fatto altri esami: nulla.

Prima di entrare a "Casa Dolce", il 20enne aveva vissuto con la nonna, a cui era affidato da diversi anni,
spiegano Segata e Ferrero. "I servizi sociali avevano giudicato fosse meglio che non vivesse piu' con la madre", che forse non riusciva piu' a gestirlo. "Non avevano pero' espresso controindicazioni al fatto che la frequentasse. Era capitato altre volte- spiega Ferrero- che il ragazzo fosse nervoso dopo una giornata passata con la madre, ma mai ai livelli di ieri sera. Appena e' rientrato nella struttura, ha subito cominciato a provocare gli operatori in modo aggressivo, cercando lo scontro". Poi la situazione e' degenerata. Gli operatori (che "non sono autorizzati a somministrare terapie a meno che il paziente non collabori e accetti di prenderle spontaneamente", spiega Ferrero) hanno cercato di calmarlo, poi lo hanno bloccato e spostato in salotto, perche' non disturbasse gli altri ospiti. Il ragazzo non ne ha voluto sapere di prendere la terapia d'urgenza e cosi' e' stato chiamato il 118 chiedendo un Tso.

La casa sociosanitaria "Casa Dolce", spiegano sia Segata che Ferrero, e' una struttura residenziale, non sanitarizzata: "Non prevede la presenza di medici ne' di infermieri, spiega Segata, se non quelli incaricati di somministrare la terapia ordinaria ed eventualmente quella d'urgenza, stabilite per ogni paziente dal Centro di salute mentale" (era seguito da quello di Budrio). "Era appena stato in vacanza per tre settimane con gli operatori ed era stato benissimo- spiega Ferrero- al ritorno, aveva passato il weekend dalla nonna e poi ieri era stato con la mamma, che per la prima volta gli aveva fatto incontrare la bambina di sette otto anni avuta successivamente, sua sorellastra". Ieri sera, al momento del fatto, erano presenti i quattro operatori del pomeriggio e i due della notte; in vista del Tso, erano arrivati anche la coordinatrice e il referente.

(Fonte Dire)