Bologna, 2 settembre 2012 - E' passato quasi un anno e la studentessa Martina Fabbri, 24 anni, attende ancora di sapere chi le ruppe quattro denti con una manganellata. Quel giorno, il 12 ottobre scorso, andò in scena la manifestazione degli ‘indignati’ bolognesi davanti alla sede di Bankitalia di piazza Cavour e, negli scontri con la polizia, un agente del Reparto mobile colpì la ragazza del collettivo Sadir durante una carica.

I circa 200 manifestanti, tra studenti e attivisti dei centri sociali guidati dal Tpo, volevano assaltare la banca per protestare contro le politiche della Bce di Trichet e Draghi e del Fondo monetario internazionale. Ora l’inchiesta della Procura, aperta subito dopo i fatti, è arrivata a un punto cruciale. Dopo mesi e mesi di lavoro certosino in cui ha analizzato fotogramma per fotogramma tutti i filmati di quel giorno, la Digos ha depositato la propria relazione ai pm Morena Plazzi ed Antonella Scandellari, titolari del fascicolo che ipotizza il reato di lesioni volontarie aggravate.

E, nelle scorse settimane, un agente del Reparto mobile è stato iscritto sul registro degli indagati con l’accusa di essere il presunto manganellatore. Il poliziotto, 40enne, non certo un novellino, è stato interrogato in gran segreto a inizio agosto in Procura e in quella sede gli inquirenti hanno messo sul tavolo le prove, cioè le foto e le testimonianze raccolte. La rosa da cui estrarre il nome del colpevole è piuttosto esigua. Il contingente del Reparto mobile che il 12 ottobre affrontò il gruppetto di Martina era infatti composto da soli sette agenti. E il manganellatore era l’unico con gli occhiali da sole. Questo emerge chiaramente dai filmati. La Digos e i magistrati erano convinti di aver trovato la soluzione.
 

Ma il poliziotto, difeso dall’avvocato (ed ex magistrato) Libero Mancuso, si è presentato all’interrogatorio e ha respinto categoricamente le accuse: "Non sono stato io a colpire la studentessa. Non sono mai arrivato a contatto con lei", ha ripetuto.
Il legale conferma e aggiunge: "Abbiamo chiarito che il mio assistito non c’entra niente — dice Mancuso —. Assieme agli inquirenti abbiamo riesaminato tutto il materiale fotografico e abbiamo dimostrato la nostra estraneità. Per questo la posizione del mio assistito è stata stralciata in vista della richiesta di archiviazione". L’agente non ha saputo dare indicazioni utili a identificare il manganellatore: "C’era una calca pazzesca — aggiunge Mancuso —, era impossibile capirci qualcosa. Quel che è certo è che non siamo stati noi".
 

In quei giorni, subito dopo gli scontri, il procuratore aggiunto Valter Giovannini aveva lanciato un pubblico appello: "Colui che ha agito non può non essersi riconosciuto nelle foto pubblicate dai giornali o comunque non può non ricordare l’episodio. Si faccia avanti e fornisca alla procura, se lo ritiene, la sua versione dei fatti". Parole cadute nel vuoto, nessuno bussò mai al portone di piazza Trento e Trieste. Ora la palla torna alla Procura e alla Digos. Gli inquirenti verificheranno gli elementi a difesa forniti dall’agente e poi decideranno come procedere. Martina Fabbri, che ha presentato denuncia tramite l’avvocato Simone Sabattini, aspetta.

Gilberto Dondi