Bologna, 19 settembre 2012 - Il Pollo modenese, il Colombo reggianino, la Vacca pontremolese e la Mora romagnola, ma anche il cavallo da tiro che una volta si usava solo in guerra ma adesso e’ piu’ apprezzato in cucina. E’ un elenco che farebbe comodo ad un ‘moderno’ Noe’. E’ la lista di alcuni di quegli animali da allevamento tipici dell’Emilia-Romagna che oggi, se fosse per l’industria, non avrebbero scampo: sarebbero destinati ad estinguersi.

Queste ed altre razze sono inserite nel cosiddetto “Repertorio regionale delle risorse genetiche agrarie” e sono 23. Si tratta di varieta’ rare, per lo piu’ autoctone dell’Emilia-Romagna, dei comuni animali di allevamento: bovini, equini, suini, ovini e specie avicole. In fondo si tratta di ‘sopravvissuti’: un rapporto Fao indica come negli ultimi 50 anni in Italia siano andate perdute ben 36 varieta’ di razze zootecniche perche’ non piu’ gradite al mercato, o non sufficientemente produttive. Il Maiale nero parmigiano e’ un esempio: l’ultimo esemplare fu macellato nel 1976. Questo fenomeno interessa sia l’allevamento che l’agricoltura, e spesso a guidare le decisioni degli allevatori sono fattori piu’ di tipo imprenditoriale che di qualita’.
 

Ma vale la pena provare a salvarli dall’estinzione? Stando a quanto spiegato ieri in commissione a Palazzo Malvezzi (dove si e’ discusso proprio della lista degli animali rari a rischio scomparsa), c’e’ un interesse scientifico-tecnico e uno economico. Alessio Zanon, esperto veterinario referente per l’Emilia-Romagna, ha spiegato che la tutela della biodiversita’ e delle specie “di nicchia” e’ comunque utile per creare varieta’ sempre piu’ forti e migliorare le razze piu’ diffuse, che nella maggioranza dei casi sono di tipo “cosmopolita”, cioe’ importato dall’estero.

Sempre secondo Zanon, “i geni possono servire per possibili incroci futuri, o per migliorare certe caratteristiche, come la resistenza a determinate malattie”. Ma l’interesse puo’ essere anche di tipo economico: questi animali producono carni, latte e formaggio di qualita’ spesso superiore a quelli delle razze “di successo”, solo in quantita’ inferiori e quindi inadatte alla produzione di massa. Se l’allevatore riesce a trovare un mercato d’eccellenza per il suo prodotto, pero’, magari grazie al sostegno di marchi o consorzi di qualita’, puo’ continuare a produrre anche se le quantita’ sono scarse. “E per fare questo sono indispensabili il marketing e la comunicazione, in modo da promuovere il prodotto e creare mercato”, prosegue Zanon.
 

La salvaguardia di queste specie a rischio passa da una legge regionale, la numero 1 del 2008, a “tutela del patrimonio di razze e varieta’ locali di interesse agrario del territorio emiliano-romagnolo”. All’interno del Programma di sviluppo rurale (Psr) 2007-2013, l’azione 5 della misura 214 prevede la creazione di un repertorio di razze protette, di una “banca” che conservi il materiale genetico (embrioni, seme, campioni di Dna), e di un piano di incentivi per gli “allevatori custodi” che ospitano gli animali da tutelare. Ai “custodi”, secondo un bando del 2008 confermato nel 2010 che sfrutta fondi europei per l’agricoltura, viene corrisposto un contributo di 150 euro per ogni “Uba” allevata. “Uba” sta per “Unita’ bovino adulto”, ed e’ un’unita’ di misura del valore dei capi da allevamento: per esempio, se un bovino adulto vale ‘1’, un vitello vale ‘0,4’ o ‘0,6’ a seconda dell’eta’).

Nel 2010 la graduatoria per gli allevatori “custodi” di animali rari ha destinato un totale di 216.000 euro a 40 aziende emiliano-romagnole. I contributi pero’ non servono a incentivare nuovi allevamenti, ma solo a favorire la continuazione di quelli esistenti.
E quindi come si fa a incentivare questi mercati di nicchia? Secondo Fabiana Mazzanti, funzionaria della Provincia di Bologna, il ruolo del marketing e della comunicazione in questo campo e’ fondamentale: “il Parmigiano prodotto con il latte della Vacca rossa reggiana, per fare un esempio, ha trovato buoni acquirenti negli Stati Uniti”, afferma. Un altro canale di distribuzione potrebbe essere quello dei farmer’s market o delle filiere a chilometro zero, come il ‘Mercato della terra’ di Bologna. “Sono due realta’ in graduale espansione e dalle buone potenzialita’ economiche- continua Mazzanti- un mercato capace di spendere e che apprezza la qualita’ esiste, tutto sta nel saperlo trovare”.