Bologna, 16 ottobre 2012 - Il lupo sta tornando a popolare il territorio dell’Appennino bolognese. Ma ora comincia anche a scendere a valle: negli ultimi 11 anni, infatti, alcuni esemplari sono stati individuati non più solamente in alta montagna, ma anche nella fascia appenninica e perfino in quella pedecollinare (sotto i 500 metri di altitudine, tanto per capirsi: all’altezza della Porrettana).

L’hanno scoperto gli uomini della polizia provinciale di Bologna che da 11 anni, insieme ai biologi del servizio Tutela faunistica della Provincia, stanno portando avanti un’indagine sul ritorno del lupo. Li hanno monitorati e studiati, hanno circoscritto i territori in cui si muovono e analizzato quasi un migliaio di campioni di escrementi per verificare, tramite il Dna, l’appartenenza alla razza e controllarne gli spostamenti.

Il ritorno del 'Canis lupus' è un dato ormai sicuro e, se nel 2009 c’era la convinzione che gli esemplari avvistati sull’Appennino fossero solo di passaggio, questa indagine ha dimostrato che non è così: il lupo sta ‘rimettendo radici’ sull’Appennino bolognese, può contare ormai su una ottantina di esemplari (ci sono grosso modo 14 famiglie, ciascuna composta di quattro-cinque lupi e ‘padrona’ di un certo territorio) e si riproduce.

Ha un comportamento schivo e teme l’uomo (continua a identificarlo come il suo più pericoloso predatore, spiegano i biologi), però è capitato che si sia avvicinato più di quanto facesse una volta (il mese scorso, di notte, un lupo è stato fotografato nel cortile di una casa a Gaggio Montano). Ma non c’è ragione di allarmarsi raccomandano i biologi: non c’è motivo di ritenerlo un animale pericoloso. Non si è verificato nessun episodio di aggressione e gli avvistamenti sono stati molto sporadici, a riprova del fatto che il lupo non ama farsi vedere.

Il ritorno del lupo “è un evento importante, è una razza protetta e tutelata dall’Unione europea e la sua presenza arricchisce l’ambiente faunistico dell’Appennino”, afferma l’assessore provinciale alla Pianificazione faunistica, Gabriella Montera. E oggi pomeriggio la ricerca della polizia provinciale viene presentata in Regione “per dare informazioni sul lupo ad una platea ampia e creare consapevolezza sul significato del ritorno di una specie così importante”.

Allo stesso tempo, prosegue Montera, “vogliamo dire che stiamo lavorando per costruire le condizioni per una convivenza possibile con questo animale. Il problema degli ovini predati, che comunque conta numeri modesti, preoccupa diversi sindaci delle zone appenniniche e noi stiamo cercando di mitigare le ragione del conflitto”, spiega l’assessore. E’ necessaria, infatti, un’adeguata opera di prevenzione per le aziende zootecniche, a cui i lupi, negli ultimi 10 anni, hanno mangiato un centinaio di ovini l’anno.

Capre e pecore è scampato alla fame dei lupi grazie al “Progetto Lupo”, partito nel 2010 e costato 88.000 euro (75% dalla Regione e 25% dalla Provincia), che ha fornito recinzioni e misure di prevenzione a 25 aziende zootecniche. Considerando gli sforzi di Palazzo Malvezzi dal 2008, poi, il numero delle aziende rifornite di protezioni sale a 43. Il tasto dolente è quello delle risorse dedicate al settore faunistico. “Nel 2012 le abbiamo esaurite. Proveremo a cercarle con la Regione, che ci dà le direttive. E’ chiaro che se diventa un’emergenza, bisognerà trovarle”, dice Montera, che lancia un sos: “Facciamo fatica a trovare i fondi per il servizio recupero animali feriti. Costa 25.000 euro l’anno e non e’ un optional: va fatto, non si possono alsciare gli animali sanguinanti per le strade”. Se gli allevatori si lamentano, quanto fatto dalla Provincia negli ultimi anni sembra funzionare. Se nel 2008 (anno in cui sono stati scoperti il maggior numero di nuovi territori ‘coperti’ dai lupi) gli ovini divorati furono 182 (‘rimborsati’ con 21.636 euro), nel 2009 si è scesi a 173 (23.890 euro), nel 2010 a 157 (24.290) e nel 2011 a ‘soli’ 88 capi (14.540). I dati del 2012 non ci sono ancora, ma negli ultimi il bilancio è di un agnello, sette capre e sei pecore.

Alcuni casi si sono concentrati proprio nelle scorse settimane: il 14 ottobre a S.Lazzaro di Savena i lupi hanno ucciso un agnello di 30 chilogrammi, il 9 ottobre è toccato a tre capre a Castel di Casio e il 6 ottobre a quattro pecore a Monterenzio.

L’autunno del resto, spiega Lorenzo Rigacci, biologo del settore Tutela faunistica della Provincia, e’ uno dei due momenti di ‘picco’ per la caccia, visto che e’ il moento in cui i cuccioli imparano a cacciare. L’altra stagione ‘calda’ e’ la primavera, quando i lupi cercano cibo per i cuccioli al sicuro nelle tane.


Gli avvistamenti, in tutti questi anni di indagine, sono stati sporadici (e a volte possono venire scambiati con cani selvatici), ma quelli più ‘ravvicinati’ sono stati tre, tutti recenti. In settembre, un lupo è stato fotografato dal Corpo forestale mentre, di notte, giocava nel cortile di una casa di Gaggio Montano. A Monterenzio, invece, in agosto, alcuni lupi si sono fatti vedere nei dintorni della comunità di don Benzi, dove si erano preoccupati: li hanno allontanati con una pistola scacciacani e dei lampeggianti. Nell’autunno 2011, invece, un lupo ha fatto capolino vicino a una casa di Vergato, ma è probabile che cercasse solo acqua dopo aver ingerito un boccone avvelenato (allontanato con uno sparo in aria, non e’ stato mai più visto).

L’indagine della polizia provinciale (che va avanti dal ‘98) ha documentato un “dinamismo continuo” del lupo nel territorio del bolognese, spiegano la comandante della polizia provinciale Maria Rosaria Sannino, e l’ispettore Dario Martelli. Nel 2009 si contavano circa 50-60 esemplari per un totale di 12 territori, mentre ora sono circa 80 per 14 territori. Di questi, i quattro di più recente diffusione sono quelli in fascia collinare, ovvero quelle più bassa: il parco regionale dei Gessi, la zona di Scascoli (nella valle del Savena), la zona di San Clemente (valle del Sillaro) e l’oasi destra del Reno. Perché i lupi sono tornati? Perché le montagne, in seguito allo spopolamento e alla sempre minor coltivazione, si sono ripopolate di ungulate, di cui i lupi si nutrono.

Oltre alle indagini sul campo (con monitoraggi), la polizia provinciale in questi 11 anni ha eseguito anche tante analisi di laboratorio: tra il 2002 e il 2008 ha raccolto 1.141 campioni biologici di presunto lupo. Dei 943 analizzati al marzo 2008, 437 sono stati attribuiti alla specie del lupo italiano (diverso da quello europeo). Solo tre animali sono risultati ibridi, frutto di incroci con cani selvatici, un fenomeno che impensierisce i biologi per il rischio di contaminare la razza. Conforta il fatto che gli ibridi, in realta’, hanno meno possibilita’ di riprodursi anche perche’ fisicamente più ‘deboli’: due di questi tre sono stati successivamente trovati morti.

Fonte Dire