Bologna, 17 novembre 2012 - ANCHE in tempo di crisi ci sono aziende che assumono e che scelgono di farlo in carcere. Ma c’è una sola impresa in Italia che nasce dietro alle sbarre: è Fid (Fare impresa in Dozza), nuova società di assemblaggio e montaggio di componenti meccanici, nata nel carcere della Dozza grazie a tre imprese leader del settore metalmeccanico e del packaging, Gd, Ima e Marchesini Group, con la collaborazione della Fondazione Aldini Valeriani.

La formula innovativa ha messo d’accordo i sindacati di settore, che hanno firmato l’accordo senza indugi: la Fid ha assunto a tempo indeterminato 10 detenuti con regolare contratto metalmeccanico, mentre altri 15 detenuti stanno completando il corso di formazione da 600 ore, tenuto dalla Fondazione Aldini Valeriani. I detenuti-operai, sei stranieri e quattro italiani, lavorano sei ore al giorno nel laboratorio ricavato dalla ristrutturazione della ex palestra della casa circondariale. E a far loro da tutor sono pensionati che provengono proprio dalle tre aziende promotrici dell’iniziativa.
 

SONO in tanti ad avere gli occhi lucidi al taglio del nastro di ieri, avvenuto alla presenza dei vertici delle tre società, dei sindacati, delle autorità cittadine, della Chiesa, e dei rappresentanti delle tre imprese promotrici, Maurizio Marchesini dell’omonimo Gruppo, Isabella Seragnoli, presidente del Coesia (che controlla la Gd), e Alberto Vacchi, amministratore delegato di Ima. «Non stiamo solo ricostruendo la vita di questi ragazzi — spiega commosso l’ideatore di Fid, Italo Giorgio Minguzzi —, ma stiamo dando loro un futuro. Chi esce dal carcere non ha nessuno ad aspettarlo se non le persone che lo hanno portato sulla strada sbagliata. Con questo progetto, invece, chi è meritevole potrà continuare il proprio percorso lavorativo in una delle tre imprese promotrici o in quelle dell’indotto».

GLI OPERAI-DETENUTI sono tutti sotto i quarant’anni e devono scontare pene che vanno dai tre ai cinque anni. «Non chiediamo loro per cosa sono finiti dietro le sbarre — continua Minguzzi —, perché anche se questi ragazzi hanno commesso un errore, non sono l’errore stesso».

Già adesso, con le forniture che mette a punto, Fid arriva quasi in pari con le spese (sui 20-25mila euro tra stipendi e altro), ma in un anno dovrebbe produrre utile. Il salario è quello previsto dal contratto nazionale di lavoro, e, anche se deve passare per l’amministrazione del carcere, va totalmente nella disponibilità dei detenuti-operai.