Bologna, 16 dicembre 2012 - CI SONO le leggi, ci sono i vuoti normativi, ci sono le interpretazioni e poi ci sono (sarebbero) anche le famiglie. Prima di tutto. LA PROCURA dei minori chiede al Tribunale di intervenire contro chi non fa vaccinare i figli ai richiami obbligatori, paventando anche una sospensione della patria potestà in relazione alle cure sanitarie. Quanto racconta accanto un genitore al Carlino diventa uno choc. C’è un confine sottile come una lametta tra l’essere convocati dopo anni per una scelta consigliata da un pediatra e il sentirsi a processo come cattivi genitori solo per non aver sottoposto un figlio a una vaccinazione. E’ un’invasione emozionale. Lo scrivo convinto, da grande sostenitore delle vaccinazioni obbligatorie. Sono conscio, allo stesso tempo, della potenza e necessità degli articoli 330 e 333 del codice civile che normano la potestà sui figli — a tutela assoluta dei figli e contro la negligenza di certi padri e madri—, ma altresì non posso ignorare la Legge regionale 256 del 2009 che ha rivoluzionato la questione vaccini in Emilia-Romagna. Scrive il legislatore: «Negli ultimi due anni anche nella nostra regione è emerso il rifiuto delle vaccinazioni su base ideologica e culturale, derivante non da trascuratezza, incuria o negligenza, ma da precise convinzioni dei genitori o da timori di possibili danni indotti da vaccini». Rifiuto che ha portato la Regione a prevedere una procedura ad hoc e l’espressa scelta di eliminare le sanzioni per chi non vaccina i figli.
Se per tutti (dalla Procura in giù) il bene massimo da tutelare è il minore, sorge spontanea una domanda: la vera sensibilizzazione si fa forzando le norme o, piuttosto, informando la gente?

di Valerio Baroncini