Bologna, 16 aprile 2013 - ANCHE SE è entrato presto nell’azienda di famiglia, ha dovuto misurare la propria vocazione da imprenditore con un business da vero pioniere. Sì, perché la Dismeco di Claudio Tedeschi ritirava rifiuti elettrici ed elettronici, cioè televisori, lavatrici e lavastoviglie, già negli anni Settanta, allo scopo di riciclare i materiali di cui erano composti. Quasi un azzardo, in un’epoca in cui non esistevano normative al riguardo (sono arrivate solo nel 2005) e quel tipo di rifiuti era trattato come materiale ferroso. Da allora la Dismeco di strada ne ha fatta molta se adesso riesce a recuperare il 98 per cento di una lavatrice e ha esaltato la propria inclinazione verde costruendo addirittura un Borgo Ecologico.

Tedeschi, sotto certi aspetti siete un leader mondiale.
«Di sicuro siamo la prima azienda al mondo per capacità di recupero degli elettrodomestici, grazie a una linea produttiva ingegnerizzata che abbiamo prodotto noi».

Cosa si tira fuori da una lavatrice?
«Rame, alluminio, altri metalli, il vetro degli oblò. Siccome ne trattiamo seicento al giorno, abbiamo siglato un accordo con un’azienda di ceramica che usa il materiale per vetrificare le piastrelle».

Trovare un industriale così attento all’ambiente non è usuale.
«Questo tipo di sensibilità investe tutto il nostro processo produttivo. Anche perché i rifiuti elettronici contengono materiali pericolosi come metalli pesanti, ozono, polveri e vanno trattati in un regime di sicurezza».

Voi siete nati quasi in anticipo sul mercato. Ma nel 2005 è arrivata la legge per lo smaltimento dei cosiddetti Raee.
«Certo, e siamo stati sommersi di rifiuti che prima finivano dai rottamai. Abbiamo dovuto pensare a come ampliare lo stabilimento di fronte a un’esplosione di materiale disponibile. Abbiamo trovato i finanziamenti e tre anni fa è nato il progetto Borgo Ecologico».

Spieghi cos’è, esattamente.
«Abbiamo acquisito l’area della ex cartiera Burgo, circa 42mila metri quadrati, e abbiamo eseguito un completo recupero dello stabilimento secondo i canoni di riqualificazione imposti dalla moderna archeologia industriale. In tutto, un investimento di 10 milioni di euro».

Ma non vi siete limitati a costruire un impianto modello.
«Diecimila metri quadrati sono destinati a un impianto fotovoltaico perché vogliamo il massimo dell’energia autoprodotta».

C’è anche un’area didattica?
«Sì, nell’area dell’ex Villa Rizzoli, che si è trasformata in un centro multifunzionale, in cui si potranno svolgere diverse attività, compresa quella per le scuole».

Perché portare gli studenti in un centro per lo smaltimento dei rifiuti?
«I bambini ci hanno dato grandi soddisfazioni. Quando gli mostriamo come si recupera il materiale di una lavatrice facciamo educazione civica. E loro sono estremamente sensibili alle dimostrazioni pratiche».

Lei sembra molto convinto del ruolo sociale dell’impresa.
«Abbiamo avviato un progetto per gestire due laboratori nelle carceri di Bologna e Ferrara. Perché il lavoro è connaturato all’essenza dell’uomo e il recupero della dignità personale parte da lì».

Marco Girella