Bologna, 15 maggio 2013 - SU QUESTE colonne lo avevamo previsto e non era difficile ‘azzeccarci’ ma rimane ugualmente un paradosso che Bologna — da sempre all’affannosa ricerca di un palcoscenico nazionale che ne rinverdisca gli allori — lo abbia trovato proprio su un tema per il quale la maggioranza degli attori politici avrebbe volentieri fatto a meno dei riflettori: il referendum sul finanziamento comunale alle scuole paritarie. Negli anni Novanta il sindaco Vitali aprì la strada alla collaborazione tra pubblico e privato, una svolta epocale per la città. Ora viene riavvolta la pellicola e si torna indietro. Con il voto alle porte rischiano di passare in secondo piano le ragioni tecniche del referendum, e cioè se sia utile alla comunità bolognese che il Comune riservi una parte, seppur contenuta, del suo bilancio al finanziamento delle scuole paritarie. Risaltano invece gli aspetti politici e le conseguenze che ne potranno discendere.

CON una doverosa premessa: con il Pd e il Comune (a cominciare dal sindaco), oltre ai cattolici e al centrodestra, schierati contro l’abolizione del sistema integrato, il risultato – almeno sulla carta – non è in discussione. L’‘opzione B’ dovrebbe prevalere. Ma le incognite sono tante. Quanti nel Pd seguiranno le indicazioni del partito (e del sindaco)? Quanti andranno a votare? Quanti vedranno nel Sì all’abolizione un modo per opporsi a una presunta riedizione locale delle larghe intese?
Insomma, gli interrogativi non mancano e si racchiudono nella considerazione che il referendum mette alla prova nella propria roccaforte un Pd travagliato dalle divisioni interne e un nuovo e articolato schieramento che si è formato alla sua sinistra.
 

IN QUESTO contesto risaltano due ‘casi personali’. Il primo riguarda il segretario del Pd Donini, già sotto tiro dopo la fine dell’era Bersani: l’esito del referendum potrebbe avere (come il risultato di Imola per l’elezione del sindaco) un riflesso sulla sua permanenza alla guida del partito (e sulla sua eventuale scalata alla segreteria regionale). Il secondo — più diluito nel tempo, ma sicuramente più rilevante — riguarda il sindaco Merola. La sua decisa presa di posizione a favore del sistema pubblico-privato gli garantisce l’appoggio di buona parte del suo partito (anche se le fibrillazioni sono crescenti) e degli ambienti cattolici, ma lo espone alle critiche dell’ala sinistra dello schieramento che lo ha portato a Palazzo d’Accursio.
E’ vero che l’elezione del sindaco è in programma fra tre anni e che molta acqua passerà sotto i ponti prima di allora ma lo strappo di oggi potrebbe rimanere una ferita dolorosa. Specie se le forze a sinistra del Pd – in coincidenza con le larghe intese nazionali – acquisiranno più forza con possibili riflessi sulla stabilità della giunta comunale.
 

Qui sta il vero peso del referendum: se nella roccaforte Pd la sinistra grillina e contestataria ingrosserà le sue fila. Insomma, ciò che avverrà a Bologna sarà un segnale, più per la politica che per il buon funzionamento delle scuole dei bambini.

Giuseppe Castagnoli