Bologna, 1 giugno 2013 - LA PROTESTA selvaggia dei facchini, che l’altro giorno hanno nuovamente bloccato i cancelli della Granarolo, arriva oggi sotto le Due Torri, con un corteo organizzato da Si Cobas e dal centro sociale Crash. La manifestazione, che è stata regolarmente preavvisata alla Questura, partirà da piazza Nettuno, dove è stato convocato il concentramento alle 15, per poi sfilare in centro da via Indipendenza e tornare al punto di partenza.

IL CORTEO è stato rilanciato ieri con una nota da Crash, che accomuna le lotte dei lavoratori della logistica a quella degli studenti in piazza Verdi, rivendicandone gli obiettivi e le modalità. «E’ necessario che dalla Bologna ribelle, solidale, e degna ci si muova nella direzione giusta di un secco e deciso ‘No!’ — recita il comunicato di Crash —, e ci si muova ancora tutti e tutte insieme in avanti, e a spinta, per conquistare i nostri diritti». Alla vigilia della mobilitazione, per la prima volta rompe il silenzio Gianpietro Corbari, direttore generale della Granarolo Spa, che è il principale obiettivo della protesta dopo l’allontanamento dalle cooperative di 41 facchini che lavoravano presso l’azienda e all’Interporto. «Abbiamo letto commenti che lanciavano una serie di accuse rivolte a noi, al mondo cooperativo e al settore della logistica in generale — afferma Corbari in una nota —. Per quanto riguarda il comparto non siamo noi a dover rispondere».

«Per quanto riguarda la circostanza specifica — aggiunge il direttore generale —, Granarolo ha sempre rispettato gli accordi e pagato in modo integrale, congruo e puntuale le aziende esterne che si occupano della sua logistica. Non entriamo nel merito di scelte fatte da altri, che non abbiamo causato noi e che non abbiamo condiviso, che abbiamo unicamente subito per il loro grave impatto sulla nostra attività. Siamo convinti però che qualsiasi diritto sindacale si esercita nell’alveo della legalità. Avere spinto i lavoratori ad azioni palesemente illegittime non aiuta la risoluzione dei loro problemi, bensì li aggrava».

GRANAROLO, sottolinea il direttore generale, «ha subito in queste settimane danni importanti che hanno leso i diritti di molti: in primo luogo degli oltre 2.000 lavoratori, italiani e stranieri, il cui diritto al lavoro, alla continuità occupazionale, alla sicurezza, l’azienda ha il dovere di tutelare; in secondo luogo dei 1.000 soci allevatori e di tutti i nostri clienti. Anche per questo, davanti alla serietà della situazione che si è venuta a creare, pur non essendo essa imputabile a Granarolo, siamo disponibili a lavorare per trovare una soluzione. Confidiamo dunque che tutti i soggetti che hanno a cuore l’economia territoriale, si adoperino per riportare oggettività e senso di realtà nei commenti scaturiti attorno a questa protesta, così da contribuire a creare un clima più consono a trovare una soluzione del problema».

Enrico Barbetti