Bologna, 8 luglio 2013 – Giulio Caria, l’artigiano edile di 34 anni accusato dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere della convivente, Silvia Caramazza, vuole parlare. Caria ha chiesto di vedere il proprio avvocato.

Finora, l’artigiano si è proclamato innocente. Stamattina l’avvocato Gennaro Lupo lo incontrerà nel nuovo carcere di Sassari. Caria, infatti, in attesa del trasferimento alla Dozza, è stato spostato dal penitenziario di San Sebastiano a quello di Bancali che, tra l’altro, domani sarà inaugurato dal ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri.

In carcere, hanno fatto sapere i familiari del trentaquattrenne al legale, Caria piange ed è agitato. È stato lui a chiedere con urgenza di incontrarlo. Forse vuole liberarsi di un peso. O comunque, dopo il lungo colloquio avuto il primo luglio con l’avvocato Lupo e la convalida del fermo, ha qualcos’altro da spiegare o da aggiungere.

L’incontro avverrà in mattinata. Fino ad oggi, Giulio Caria si è sempre proclamato innocente. "Sono innocente — ha detto al suo difensore e ribadito davanti al gip —, non l’ho uccisa io. Sfido, anzi invito, la polizia scientifica a cercare le impronte sul freezer in cui era nascosta la povera Silvia. Quel freezer non l’ho mai visto né toccato, quindi le impronte che eventualmente troveranno non saranno le mie, ma quelle del vero assassino. Io so anche chi potrebbe essere. Silvia intratteneva un’amicizia pericolosa, bisogna indagare sulle persone con cui Silvia era in contatto su internet".
 

Dal primo momento, l’uomo ha respinto le accuse che la Squadra mobile e il pm Maria Gabriella Tavano gli hanno rivolto: omicidio volontario e occultamento di cadavere. "Ho visto Silvia l’ultima volta il 16 giugno, quando l’ho accompagnata in stazione a Bologna perché mi aveva detto che sarebbe andata a Canicattì da una parente", ha detto Caria. Da quella parente, in realtà, Silvia non è mai andata. E questa è solo una delle tante bugie dette dal convivente. Che dovrà anche spiegare perché dando indietro a un commerciante un materasso matrimoniale, con delle macchie di sangue, ha detto che si trattava di vernice rossa.

Emanuela Astolfi

 

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