Bologna prigioniera del suo passato, in crisi di idee per il futuro e alla ricerca di un ruolo nuovo in regione e nel mondo: con questa intervista, il Resto del Carlino inizia una serie di chiacchierate con personalità bolognesi per capire meglio scenari e prospettive di rilancio della nostra città

 

Bologna, 29 luglio 2013 - PROFESSOR Bonaga, che fine ha fatto? Nei salotti di Bologna la danno per scomparso...
«Ormai esco pochissimo, sono un pensionato di 68 anni».
 

Forse a uscire non si diverte più come una volta...
«Bologna è diventata triste...»
 

Qui la volevamo. Cos’è successo?
«Una sola premessa: io parlo secondo la mia percezione. Non ho la pretesa di dettare regole o emettere sentenze».
 

Adesso però ci spieghi.
«E’ evidente una decadenza dell’iniziativa politica. Negli anni ’60-’70, su temi come il welfare, il decentramento, gli asili, le infrastrutture (penso alla tangenziale), il recupero del centro storico di Cervellati, venivano da tutto il mondo a studiarci».
 

Cosa produsse quella formidabile stagione?
«L’aver chiamato a raccolta le migliori menti della società. Con Renato Zangheri ogni sfida, ogni progetto, scatenava un accorruomo».
 

Accorse anche lei, qualche anno dopo... Iperbole, la rete civico-telematica di Bologna è un’idea sua.
«Non parliamo di me... però sì, Iperbole faceva parte di quella volontà di progettare che si è perduta».
 

Dove sono finite quelle teste pensanti?
«La borghesia bolognese è stretta fra cinismo, ansia e inerzia».
 

S’è persa la passione per Bologna?
«Gliel’hanno fatta perdere. Se tu, partito, gestisci solo il potere, se la politica crede che il suo unico scopo sia quello di far votare un sindaco e poi per altri 5 anni dimenticarsi dei cittadini, questi sono gli effetti. Se non la ascolti, la società finirà per ritrarsi».
 

Manca la volontà di ascoltare?
«Oggi le idee danno fastidio se non vengono dall’apparato. Ma l’apparato è bloccato: ‘Io sto con quello, la mia posizione è questa’. La politica. quella vera, è tutto fuorché posizione».
 

E cosa dovrebbe essere?
«La politica deve dar ragione agli interessi del territorio e non voce agli interessi. Perché, se ascolti e basta senti solo un sacco di imbecillità. In sostanza, la funzione della politica è sollecitare la partecipazione civica: ‘tu cosa puoi e vuoi fare per Bologna?’»
 

Kennedy l’ha gia detto...
«Kennedy lavorava con otto premi Nobel... Sentire oggi che Fassina lavora all’economia dell’Italia chiuso nel suo ufficio, mi fa rabbrividire».
 

Perché?
« Ma avete visto la spending review di Monti? Impostata come se i cittadini fossero dei dipendenti. Quindi inefficace. Lo stesso vale per Bologna: il potere di comando non vale in una città complessa».
 

Quindi, chi comanda?
«Bisogna prima progettare, poi scegliere, non comandare».
 

E allora chi progetta?
«La politica dev’essere l’adrenalina della società, stimolare le intelligenze, provocare, infondere passione».
 

E se lei fosse il sindaco dove andrebbe a bussare?
«A tutti. Un ladro può insegnarmi a difendermi dai furti e un extracomunitario a promuovere l’integrazione».
 

E l’università?
«Ah, l’università... 80mila ragazzi su 400mila abitanti. Sarebbe un campus unico al mondo. Eppure li hanno relegati in un triangolino degradato della città, sfruttati da affitti intollerabili, soli contro una delle città più costose d’Italia...».
 

Ma lei li vede gli studenti a dannarsi per Bologna?
«Basterebbe una borsa di studio di mille euro. Vedreste quante idee, quanti progetti su comunicazione, integrazione, infrastrutture... E’ un potenziale che la politica respinge, perché quei ragazzi che negli Stati Uniti a 22 anni progettano start-up da milioni di dollari, in Italia vengono messi in un angolo ‘in attesa del tuo turno’. Ma quale turno...»
 

Senta, però, non sarà colpa del ‘partitone’ se i bar la sera sono deserti...
«E come no? A parte la parentesi Guazzaloca, qui ha sempre e solo governato una parte. E quella parte ha una responsabilità precisa nel degrado della città. Andate a vedere Berlino, Barcellona, Parigi: la vivacità culturale di quelle metropoli non è un caso, è nella regìa, negli obiettivi. Che diventano passione civica. A Parigi i tassisti sanno tutto di musei e mostre. Perché una città deve tirar fuori il meglio di te... Vi ricordate Bologna?»

Pier Luigi Martelli