Bologna, 10 settembre 2013 - QUANDO nel 1980 Paolo Passuti e Roberto Milani, dipendenti di un’azienda di macchine automatiche, intrapresero l’attività in proprio, su una cosa non ebbero dubbi: bisognava inventarsi qualcosa, una novità da offrire ai propri clienti, per far sì che scegliessero loro. E decisero di puntare sull’antinfortunistica e sulla sicurezza sul lavoro. A quel ‘di più’ pensa oggi Christian Passuti, il figlio di Paolo, con orgoglio: «Non ci volle molto a capire che sarebbe stata la loro più grande fortuna».

Passuti, oggi le norme in materia sono così stringenti che viene difficile immaginare: com’era prima?
«Se pensa che la direttiva macchine arrivò solo nel 2006 non le verrà difficile immaginare il panorama dei primi anni ’80. Non c’era nessun obbligo sulla sicurezza, solo l’accortezza degli operai. Gli incidenti sul lavoro, infatti, erano all’ordine del giorno.
Nessuno avrebbe investito in sicurezza senza una norma che obbligasse el aziende. A suo padre e al suo socio come venne in mente?
«Il primo business, infatti, fu la manutenzione. Ma la concorrenza era tanta e a loro venne spontaneo proporre ai primi clienti anche un servizio aggiuntivo: offrire protezioni per gli operatori che mettevano quotidianamente le mani in macchina. Con il rischio di troncarsele alla prima distrazione. Nei primi anni si trattava di prodotti acquistati e assemblati. Oggi, invece, progettiamo e produciamo tutto da noi».
La proposta ha attecchito subito?
«Direi di sì, visto che dopo un anno e mezzo l’antinfortunistica divenne il servizio principale dell’azienda. Quando vennero le prime norme sulla sicurezza degl impianti, noi eravamo già avanti di moltissimi anni».
Sarà arrivata anche la concorrenza.
«Alcuni competitor sono gemmati dalla stessa Milpass. Oggi nella sola Emilia-Romagna ce ne sono 5. Ma noi rimaniamo leader di mercato. Ora, so bene, che in genere è una frase fatta, che gli imprenditori snocciolano quasi per prassi, e invece...»
Faccia parlare i numeri.
«Abbiamo fatturato quasi 10 milioni di euro nel 2012, crescendo del 7,4% rispetto all’anno prima e del 23,6 rispetto al 2010, e continuando ad assumere: con le tre persone arrivate nell’ultimo anno oggi siamo a quota 54 dipendenti. Se considera l’andamento generale dell’industria, direi che non è male. Ci aggiunga un raggio d’azione che, con i nostri semilavorati, arriva oggi fino negli Stati Uniti e in Giappone».
Il mercato interno vi è comunque amico. Conta il fatto di essere nel bel mezzo del comparto del packaging bolognese?
«Come negarlo: nel raggio di 25 chilometri da qui ci sono i principali produttori di macchine automatiche e sono tutti nostri clienti. La nostra storia è la loro storia».
E nel futuro cosa c’è?
«Oggi lavoriamo sempre più in coprogettazione con i clienti, per far sì che la sicurezza sia fin dall’inizio una caratteristica delel macchine. Il drastico calo degl infortuni dimostra che la strada è quella giusta. In più lavoriamo sul design e l’aspetto estetico delle nostre protezioni. È il nostro nuovo valore aggiunto».

Simone Arminio