Bologna, 15 ottobre 2013 - Il 27 giugno gli uomini della Squadra mobile fanno irruzione nell’appartamento di viale Aldini 28 di proprietà di Silvia Caramazza. Chiuso a chiave in un freezer in camera da letto, trovano il corpo della commercialista di 39 anni. Due amiche della vittima ne avevano denunciato la scomparsa il 14 giugno. Due giorni dopo il ritrovamento del cadavere della donna, in Sardegna, il fidanzato Giulio Caria viene arrestato per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Silvia. L’artigiano sardo respinge le accuse, ma gli elementi raccolti contro di lui sono schiaccianti. Dal carcere ha scritto una lettera. Ne pubblichiamo alcuni passaggi. Dice di avere dei documenti in grado di provare la propria innocenza. "Se ha dei documenti li porti nella sede opportuna", si limita a dire l’avvocato Fabio Pancaldi che assiste i familiari di Silvia.

 

 

 

“Egregio Direttore, vengo a lei con la presente per esprimere tutta la rabbia che ho accumulato in questi lunghi mesi di detenzione in vari carceri. Oggi sono intanto a esprimere il mio dolore e la mia soffernza continua su questa orrenda vicenda che mi è accaduta...
Sono una persona riservata e timida ma non introversa. La mia situazione privata la ritengo riservata, però ad oggi ritengo corretto che ne venga data una giusta verità nonostante il mio riserbo. Lei e altri non potete immaginare il mio dolore e lo sconforto per la mancanza orrendamente assassinata della mia compagna, prossima futura moglie. La ragione per la quale mi trovavo in Sardegna non a Bologna. (Il Gestore del locale e invitati lo confermano). La data? Lo potrà scoprire dalle documentazioni in mio possesso...
Non ho mai parlato io personalmente con alcun giornalista, tantomeno con il pm titolare della vicenda. Sono stato ascoltato in tre mesi lunghissimi solo dal dottor Piras su autorizzazione del pm di Bologna. Il mio stato di salute ne ha risentito e ne risento ancora, psicologicamente e moralmante... Le cose che mi accadono dallo sconforto sono parecchie, inutile elencarle... Le indagini svolte sono solo a senso unico. La documentazione in mio possesso smentisce quanto scritto dai vari verbali degli investigatori. Vorrei tanto esprimere con verità dai documenti che parlano di me e della mia vera persona, non ho una doppia personalità... Grazie alla solidarietà dei detenuti che mi hanno conosciuto e sostenuto, hanno capito verificando alcuni passaggi dei vari documenti la mia estraneità... Le sarei grato se lei pubblicasse la presente... invitando il pm ad ascoltarmi nel dire la mia verità”.

Giulio Caria