Bologna, 23 ottobre 2013 - Quando il gruppo di finanzieri ha bussato alle porte della Regione, molti consiglieri hanno sudato freddo pensando fosse arrivato il tanto atteso (e temuto) momento degli avvisi di garanzia.

Invece le Fiamme gialle ieri mattina sono andate in viale Aldo Moro per acquisire altri documenti, a un anno dallo spettacolare blitz dell’ottobre 2012 con cui fu sequestrata la prima ondata di carte. Stavolta ai militari del Nucleo di polizia tributaria interessavano le consulenze affidate dai gruppi consigliari ad esterni e gli incarichi svolti dal personale degli stessi gruppi assunto con contratti a progetto (i cosiddetti cocopro).

Nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo, ed ecco dopo qualche ora la doccia fredda. Anche se gli avvisi di garanzia non sono ancora partiti, ci sono già i primi nove indagati nell’inchiesta dei pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari, che lavorano sotto la supervisione del procuratore capo Roberto Alfonso e dell’aggiunto Valter Giovannini. L’indagine è dunque arrivata a una svolta, pur con tempi molto più lunghi rispetto alle inchieste ‘sorelle’ delle altre regioni. E sotto la lente c’è la legislatura attuale, mentre quella passata, dal 2005 al 2010, è stata messa in stand by perché ci sono troppe carte da analizzare e il personale è poco. Il rischio è che cada tutto in prescrizione e a pagare sia solo il pluricitato Paolo Nanni dell’Idv.

I nove indagati sono i capi di tutti i gruppi consigliari, compreso il Movimento cinque stelle: Luigi Giuseppe Villani del Pdl (finito agli arresti domiciliari nel gennaio 2013 in un’inchiesta della Procura di Parma per corruzione e oggi sostituito dal collega Gianguido Bazzoni, non indagato), Marco Monari del Pd, Mauro Manfredini della Lega, Liana Barbati dell’Idv, il grillino Andrea Defranceschi, Silvia Noè dell’Udc, Matteo Riva del Gruppo misto, Roberto Sconciaforni della Federazione della sinistra e Gian Guido Naldi di Sel-Verdi.

L’accusa per tutti è peculato ed è contestata (per ora) solo ai capigruppo perché sono loro ad aver firmato i rendiconti con cui chiedevano alla Regione l’erogazione dei rimborsi. Le posizioni, è bene chiarirlo subito, sono molto diverse da gruppo a gruppo, sia per numero che per entità di spese contestate. Ai grandi gruppi si contestano molte più violazioni che ai piccoli, come i grillini.

Nei prossimi giorni, peraltro, il numero degli indagati salirà, con l’aggiunta dei nomi dei singoli consiglieri che hanno effettuato le spese ‘pazze’. Fra queste la Finanza ne ha scovate di curiose, come libri di narrativa, un forno a microonde, fiori, profumi, gioielli e perfino aspirine. Oltre, naturalmente, a numerose cene luculliane. Le Fiamme gialle hanno passato al setaccio 35mila voci di spesa, spacchettandole e rendendole omogenee visto che erano catalogate in modo diverso da gruppo a gruppo. Un lavoro certosino che ha allungato i tempi. Tutti acquisti e spese che hanno ben poco a che fare con l’attività istituzionale del gruppo, l’unica che la legge regionale pone a fondamento dell’erogazione dei contributi.

Oltre alle spese ‘pazze’, c’è poi un altro tipo di voce contestata, quella per il partito. La legge consente infatti di spendere i soldi solo per il gruppo, quindi un’iniziativa di partito, seppur politica, non può essere finanziata con i contributi regionali. Il sospetto degli inquirenti è che sotto la voce ‘consulenze’ siano finiti incarichi fittizi a esterni e l’attività fissa dei ‘cocopro’, i quali in realtà svolgerebbeo compiti legati più al partito che al gruppo. Proprio per questo ieri hanno chiesto ai capigruppo gli elaborati delle consulenze e i frutti dei contratti a progetto, così da verificare che all’incarico sia poi corrisposto un effettivo lavoro.

Gilberto Dondi