Bologna, 8 novembre 2013 - UNA VOLTA c’era lo Stato, adesso c’è la coop. Viene da pensare così guardando a quello che succederà alle cassiere, ai magazzinieri, agli impiegati e ai dirigenti di Coop Adriatica, la grande catena di supermercati. Dal primo gennaio, tutti i circa 9mila dipendenti avranno in regalo dalla società un ‘pacchetto welfare’ — una serie di aiuti — che nel complesso non ha paragoni in Italia. Si va dalla possibilità di rivoluzionare turni e orari per esigenze familiari, con tanto di aspettativa fino a 6 mesi per chi diventa nonno e vuole dare una mano ai figli neo genitori, agli sconti sulla spesa (il 5% su un massimo di 5mila euro ogni anno), dai prestiti a tasso agevolato alle convenzioni per acquistare casa, passando per i ‘buoni ore’ da utilizzare per avere una badante, una baby sitter o un insegnante di sostegno, fino allo sportello di ascolto per chi subisce maltrattamenti, è vittima di stalking o ha il vizio dell’alcol o del gioco, con tanto di anticipi del Tfr e sedute di supporto psicologico per affrontare queste emergenze. Benefici estesi a ogni tipo di famiglia: single, coppie sposate e coppie di fatto, anche dello stesso sesso, che potranno avere, in caso di nozze, la licenza matrimoniale.
 

 

IL PACCHETTO welfare vale da un minimo di 250 euro, è lo sconto sulla spesa, a un massimo di 1.000 euro all’anno per ogni dipendente, nel caso si usassero tutte le opportunità», calcola Nicoletta Bencivenni, direttore delle risorse umane di Coop Adriatica. E’ lei che ha seguito passo a passo il progetto, chiamato PiùPerTe «proprio per dare un senso di aggiunta, di positività». La lunga lista di aiuti — riassunta in un opuscolo e consultabile via web dal personale — è nata dal basso, «chiedendo direttamente ai dipendenti le loro esigenze». Un complesso puzzle composto, dopo mesi di lavoro, con l’appoggio di una società specializzata, la Eudaimon, e approvato mercoledì, tra firme, strette di mano e sorrisi, dai sindacati nazionali di categoria, convocati nella sede della coop a Bologna. «La crisi economica — spiega Bencivenni — ha colpito tante famiglie. C’è chi ha il lavoro, ma magari ha la moglie o il compagno disoccupato. Far quadrare i conti è complicato. Negli anni le difficoltà sono cresciute, mentre il welfare pubblico è sempre più scarno. Da qui la decisione di sostenere in modo deciso i dipendenti, che per noi sono un valore».
 

 

IN Coop Adriatica, che ha 176 negozi, tra ipercoop e supermercati, in Emilia Romagna, Marche, Veneto e Abruzzo, il 75% della forza lavoro è composta da donne e il 60% dei dipendenti ha figli. E non a caso buona parte del welfare aziendale — tutto a carico dell’impresa — punta a conciliare la vita familiare col lavoro. Cavalcando il comun sentire che se si sta bene a casa, si produce di più. La intelaiatura del progetto welfare si basa sul tempo. Esempi: chi ha figli con meno di 8 anni può trasformare il contratto da full time a part time o avere orari ad hoc; si possono avere permessi per assistere familiari gravemente malati; previsti prestiti per chi ha spese impreviste, anche attingendo a un fondo da 100mila euro. E a questo si aggiunge tantissimo altro, come gli sconti per i libri, la cura dei denti, la telefonia e le borse di studio e i campus estivi a prezzi stracciati per i figli. C’è di tutto e nulla è cristallizzato: si parte a gennaio e se occorre verrà aggiunto altro, o tolto qualcosa, se non sarà utilizzato.
 

 

I SINDACATI parlano di un progetto «innovativo» e praticamente senza eguali in Italia. «Sì, ci sono grandi imprese che hanno lanciato importanti iniziative di welfare aziendale, come la Luxottica, ma mai così articolate» dice Leonardo Piccinno della Fisascat Cisl, mentre Ivana Veronesi della Iltucs Uil pone l’accento «sul coraggio dimostrato: si riconoscono concretamente diritti a tutte le coppie e si affrontano lo stalking e la violenza sulle donne». «Questo — chiude Alessio di Labio della Filcams Cgil — è un modello da ripetere altrove. Finalmente in un confronto con un’azienda non si è parlato solo di tagli e di riduzione dei costi del lavoro».

 

di Matteo Naccari