Bologna, 18 novembre 2013 - "Tutta questa solidarietà non può che farmi piacere. Mi sono arrivati messaggi perfino da alcuni amici australiani. Non so proprio come abbiano fatto a sapere quello che mi è capitato...".

I lividi sul volto sono quasi svaniti, l’incisivo rotto è stato sistemato dal dentista, resta solo un leggero dolore al collo. Il commerciante di 29 anni vittima del brutale pestaggio da parte di teppisti, ripresi perché stavano imbrattando i muri di Palazzo Poggi, in via Belmeloro, è frastornato dal clamore che la sua vicenda sta provocando. Al Carlino stanno arrivando molte mail di vicinanza e sostegno.

Lei è diventato il simbolo della Bologna che si ribella al sopruso e allo sfregio...
"Probabilmente il mio caso è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il problema del degrado era già molto avvertito e adesso è tutto amplificato".

Cosa si augura?
"Mi auguro che la mia vicenda serva da molla per far scattare il senso civico della città. Bisogna che tutti, giovani, famiglie, studenti, anziani, si ribellino quando vedono qualcuno che imbratta un muro, che butta una cartaccia a terra o che orina sui muri. Serve uno scatto d’orgoglio della città. Capisco che è difficile e non auguro certo a nessuno di essere picchiato, com’è accaduto a me. Però serve una reazione per il bene di Bologna".

Lei ha detto che rifarebbe tutto.
«Sì, lo rifarei, anche se magari in modo un po’ più furbo. E lo sa perché?».

Prego.
«Perché un giorno mi piacerebbe girare con i miei figli, quando li avrò, per un centro pulito e sicuro, un museo cielo aperto che purtroppo oggi è deturpato e svilito. Me lo dicono spesso anche i miei clienti, Bologna negli ultimi anni è peggiorata tantissimo».

Di chi è la colpa?
«Di tutti. È sbagliato incolpare uno solo. Non bisogna puntare il dito contro le istituzioni o contro i giovani. La responsabilità è di tutti noi. Se c’è una falla, tutti dobbiamo farcene carico. Il mio caso colpisce perché è il sintomo del disagio della città. L’unica via per uscire da questa situazione è che si crei un movimento collettivo che coinvolga tutti».

di Gilberto Dondi