Bologna, 17 dicembre 2013 - SALUTE, si cambia. Se ne parla nei convegni ma poi i cittadini scontano le novità sulla loro pelle. Abbiamo rivolto otto domande a Tiziano Carradori (video), direttore generale della Sanità in Regione, medico marchigiano trapiantato a Cesena. Il tecnico che deve cambiare il sistema, o almeno provarci. «Meno ospedali per acuti, più territorio» è uno slogan che convince anche Maurizia Martinelli della Cisl. Che però osserva: «Per andare fino in fondo bisogna assolutamente puntare su percorsi di prevenzione».

1 Chiudono gli ospedali?
Messa così, la domanda fa infuriare Carradori. Corregge: «È una trasformazione, da ospedali per acuti a ospedali di comunità, in sostanza per convalescenti. Un cambiamento radicale che riguarderà 25 strutture su 61, più o meno una su tre, per quasi 1.800 posti letto. Ma non sarà lo stesso schema da Piacenza a Rimini, non mettiamo a tutti lo stesso vestito».

2 E chiudono i pronto soccorso?
COME sopra: «No, si trasformano. E poi ci saranno eccezioni. Intanto: dei 25 ospedali destinati a diventare di comunità, solo quattro hanno un pronto soccorso autonomo. Uno nel Modenese, Vignola; gli altri tre nel Bolognese, Bazzano, Budrio e San Giovanni in Persiceto. Negli ospedali di comunità le urgenze saranno garantite da un presidio di pronto intervento. La differenza? Non è prevista, ad esempio, la medicina d’urgenza».

3 Ci terremo le code al ps?
CHI non ha mai passato una notte al pronto soccorso per un qualche guaio? Continueremo così, nonostante tutte le rivoluzioni? Carradori intravede «ampi margini di miglioramento», vale anche per le liste d’attesa al Cup. «Le risorse che recuperiamo — è certo — rafforzeranno l’assistenza territoriale, garantiranno più accessibilità alle visite specialistiche e una riduzione degli accessi impropri al pronto soccorso». Per ora è da prendere sulla fiducia.

4 Ospedali di comunità modello Lego?
È la fascia dell’assistenza intermedia. Vai lì quando ti dimettono dall’ospedale ma non puoi tornare subito a casa, vale per molti anziani «che oggi allungano il ricovero anche perché a domicilio non hanno una rete di assistenza». Nella gestione degli ospedali di comunità padroni della scena saranno soprattutto gli infermieri. «Presenti chiaramente anche i medici, in modi diversi — chiarisce Carradori —. Quelli di medicina generale, se nella struttura c’è anche una casa della salute; quelli del pronto intervento, una costante; i medici di famiglia». Insomma, le nuove strutture saranno un po’ modello Lego. Ogni città le costruirà con pezzi diversi.

5 Quanti letti da tagliare?
Nei conti della Regione l’operazione ospedali di comunità salverà quasi 1.800 letti dalle forbici della spending review. Spiega Carradori: «Negli ospedali per acuti saranno tagliati un migliaio di posti su 15mila. Quali? Il grosso arriverà dai day hospital».

6 Ausl unica, cosa cambia?
Carradori ripete da settimane lo stesso mantra: «Per i cittadini non cambierà nulla, c’è scritto nella legge, non è un’interpretazione». Proprio nulla, no. Cambierà senz’altro la vita a due-trecento dipendenti Ausl in attesa di trasferimento. Perché, com’è noto, ci sarà una sede unica, Cesena si batte per conquistarla. Nei conti di Carradori, «unificando gli uffici, risparmieremo tra i 9 e i 23 milioni. Perché una forbice così larga? Perché oggi in Romagna l’apparato sanitario costa tra gli 80 e i 127 euro a residente, a seconda dell’Ausl. No, non dico qual è l’azienda che spende meno, altrimenti si fa la lista dei bravi e dei meno bravi. Domani, con il riassetto, se saranno tutti allineati alla media di 101 euro risparmieremo 9 milioni. Che salirebbero a 23, se riuscissimo a stare negli 80 euro pro capite».

7 118, come diventerà?
Il riordino riguarda anche il 118 e prevede uno schema a tre punte. Una centrale in Romagna, con un bacino di 1 milione e 250mila abitanti e sede a Ravenna; un’altra a Bologna, che governerà su quasi 2 milioni di cittadini; la terza a Parma, con 900mila pazienti potenziali.

8 Quando quando quando?
Il riordino sanitario — sganciato dalla Auslona, realtà dal 1° gennaio — si deve concludere obbligatoriamente entro tre anni. Conclusione: sarà la prossima giunta a finire l’opera.

Rita Bartolomei