Crevalcore (Bologna), 24 dicembre 2013 - Una sanzione disciplinare per disobbedienza aggravata per aver salvato la vita nella base italiana di Pec, in Kosovo, a una gatta che rischiava di morire di parto; un procedimento penale che si aprirà al tribunale militare di Roma il 7 febbraio per «diffamazione e ingiuria aggravata e continuata». È la storia che ha per protagonista Barbara Balanzoni, tenente medico riservista di 39 anni nata a Crevalcore, nel Bolognese, ma residente a Pontremoli, in Toscana, dove lavora come rianimatore. Secondo i suoi superiori, quell’intervento non avrebbe dovuto farlo. Da qui la denuncia, l’indagine e il processo: «In esecuzione di un medesimo disegno criminoso — sono le accuse mosse — disobbediva all’ordine scritto, datato 6 maggio 2012, riguardante il divieto di avvicinare o farsi avvicinare da animali randagi, venendo così morsa».

 

AIUTARE una gattina randagia che rischia di morire è disobbedienza. Ora lei rischia una condanna: come si sente?
«Se disobbedire è compiere un atto sensato che tutti avrebbero fatto, allora sì, paradossalmente ho disobbedito...». Barbara Balanzoni è diventata in poche ore uno dei nomi più cliccati del web in tutto il mondo, dalla Gran Bretagna all’Indonesia.
Tanti cittadini e animalisti la difendono. Se l’aspettava?
«È da un anno che questa storia va avanti, ma solo adesso è sotto gli occhi della gente. E voglio ringraziare tutti quelli che mi sostengono».
Il 7 febbraio però verrà processata.
«Lo so. La cosa che tuttora non riesco a perdonare sono i giorni di infamia alla base. Mi hanno isolata, è stato uno schiaffo morale».
Ma cos’è successo quel giorno?
«Io lavoravo come medico all’infermeria. Siamo al 10 maggio 2012. Il veterinario della base era in licenza. E io ho ricevuto una telefonata».
Da parte di chi?
«Di altri militari. Mi hanno detto che una gatta si stava lamentando da ore, su un tetto. E che stava morendo di parto».
Poi?
«Sono uscita e ho capito che l’ultimo cucciolo è podalico: si vedevano le zampine e la gatta, Agata, se ne stava andando».
E allora?
«Essendo un medico anestesista avevo visto dei parti. Quindi ho ripetuto la manovra e Agata ha partorito. L’avevo però presa per la coda e lei mi ha graffiato un dito».
Per questo motivo ha dovuto fare la vaccinazione antirabbica?
«Sono andata all’ospedale della città di Prizren, gestito dai tedeschi. E il reato che mi hanno contestato da disobbedienza aggravata è divenuto disobbedienza aggravata e continuata».
Le norme però prevedono che i militari non si prendano cura dei randagi.
«Ma cosa dovevo fare? Mi sono comportata come chiunque avrebbe fatto al mio posto. E poi c’è un paradosso».
Quale?
«L’ordinamento militare prevede che sia il medico a occuparsi di tutti gli aspetti di sanità pubblica, se muore un animale, come la gatta. E poi non è dovere di un medico risolvere le emergenze?».
Ma lei vuole rimanere nell’Esercito?
«Certo, i militari non sono tutti uguali, anzi, molti hanno dimostrato di avere un cuore. E lo sanno anche usare. Questa situazione spiacevole è frutto di due superiori. Io, infatti, ho avuto la solidarietà di tutta la base»..
Quindi tornerebbe in missione?
«Sono un ufficiale e tale mi sento. Può passare il messaggio che l’Esercito è un luogo di persone senz’anima, invece è il contrario. Il desiderio che ho già espresso allo Stato Maggiore è che mi sia ridata la dignità. Il regalo che vorrei sarebbe poter lavorare ancora. Vorrei avere la possibilità di vestire ancora la divisa».
Questo Natale come lo passerà?
«Tra famiglia e lavoro. E con i miei animali».
Che sono?
«Un cane, Ugo, e un gatto, Silvestro. Vivo e dormo con loro. Ma non sono mica matta: io non andavo in giro in Kosovo con pane e mollica a chiamare i gatti, eh?».

di Valerio Baroncini