Bologna, 2 gennaio 2014 - Il sentiero dei lupi s’inerpica sulle colline di Monte Sole, nell’Appennino bolognese, tra le lapidi delle stragi e una boscaglia fitta, attraversata dagli animali che si muovono più liberamente, al crepuscolo. Binocolo e macchina fotografica. Ma bisogna ‘accontentarsi’. Anche qui, come nel parco dei laghi, incroci daini e caprioli, insomma le prede. Il predatore si tiene alla larga. Inseguito non solo dalla rabbia di allevatori e cacciatori ma anche dalla curiosità di fotografi e appassionati che s’avventurano di notte nel bosco a caccia di emozioni.

Di lui si vedono le impronte, quelle sì belle nitide, con il segno delle unghie ben stampato sulla terra. "Li avete avvistati?", s’informa un ragazzo prima di sparire su per un sentiero. Poi, di colpo, nel silenzio interrotto solo dal vento, ecco l’ululato. Nel Bolognese oggi si contano un centinaio di lupi. Così la Provincia ha assoldato gli specialisti, cani maremmani superaddestrati nel fare la guardia. "Abbiamo già dato il primo a un allevatore, ne arriveranno altri", annuncia Lorenzo Rigacci, biologo del servizio tutela e sviluppo fauna. Altri sistemi incruenti: reti elettrificate e scacciacani. "Non si può vivere con la paura del lupo — riconosce Rigacci —. Anche se non è pericoloso per l’uomo, non ci sono casi di aggressioni da due secoli. Però oggi che è più tutelato è diventato più confidente e si avvicina alle case. Stiamo lavorando per evitare l’esasperazione". In effetti poco lontano da qui, in Maremma, è strage di lupi... "Mi auguro proprio di non arrivare a quello", fa gli scongiuri. Ma la convivenza è possibile? "Io ci credo", è la spinta di Rigacci. Che poi deve passare anche a saldare i danni. Solo quest’anno quasi 19mila euro. Ma vai a sapere quante capre e quante pecore sono da mettere in conto a cani randagi o ibridi.

Sono tornati ma non si vedono. "Girano di notte e stanno alla larga dall’uomo. Normale, dopo secoli di persecuzione". L’uomo dei lupi si chiama Alberto Tovoli, è un veterinario e vive a Camugnano, sull’Appennino bolognese. Da dieci anni, appena può, si arma di obiettivo fotografico e scappa nel bosco. Aspetta per ore. Con pazienza, per passione. Sa tutto dei branchi. Come si muovono e quando vanno a caccia. L’appuntamento è per domenica mattina alle 7 nel parco dei laghi. Pioggia a vento, freddo polare. Insomma, un tempo da lupi. Solo che il predatore-predato, più astuto di chi lo vorrebbe incontrare, sta nella tana.

Dottor Tovoli, quante uscite in dieci anni?
"Un centinaio".

E quanti incontri ravvicinati?
"Due-tre all’anno. Nulla di strano. Ci saranno cinque-sette esemplari ogni cento chilometri. Come trovare il classico ago in un pagliaio".

Però il lupo fa più polemica. L’uomo deve averne paura?
"No, lui scappa. Diverso è l’ibrido commerciale. Questo è un problema serio".

Parla di incroci.
"Sì, ci sono allevatori, anche in Italia, che accoppiano cani-lupo cecoslovacchi con i lupi. Esemplari che arrivano a costare anche cinquemila euro".

Risultato?
"Finché il cucciolo ha due mesi va tutto bene. Ma quando cresce e comincia a mostrare il suo lato selvatico, può diventare completamente ingestibile".

E ce lo ritroviamo nel bosco.
"Proprio così. La gente prima pretende di avere il lupo in salotto e poi se ne libera. Non è una leggenda, ci sono i sequestri della Forestale a dirlo. E questi ibridi, come i cani randagi, sono più pericolosi perché non hanno paura dell’uomo".

Ma le stragi di pecore a chi le mettiamo in conto?
"A tutti e tre, non si riesce a distinguere".

Sull’Appennino bolognese si calcola vivano un centinaio di lupi. Quanti sono in Emilia Romagna?
"Duecento, nelle statistiche ufficiali. Ma secondo me quel numero è sottostimato".

Ottenuto seguendo le tracce di quel che l’animale lascia in giro. La mappatura sul campo è più affidabile.
"Ad esempio si usa il sistema del richiamo, da agosto a settembre. I cuccioli rispondono al ‘finto’ ululato. Così si viene a sapere quanti sono i branchi. La media è di sette individui per comunità".

Sull’Appennino bolognese è comparso anche il lupo nero.
"Probabilmente la variazione del colore è dovuta a un incrocio antico".

Con le sue ricerche lei cosa vuole dimostrare?
"La mia è semplicemente una passione, nata dal lavoro. Studi i cani e arrivi lì".

Il lupo si porta dietro un carico di mistero e paure.
"Eppure è timidissimo, leale, profondamente sociale. Ha un grande senso del branco e una cura assoluta dei piccoli. Né feroce né sanguinario".

Meno simpatico quando sbrana pecore e caprioli, non solo cinghiali.
"È un predatore, uccide per mangiare. E sceglie gli animali più deboli non i più belli, come fanno i cacciatori".

In Maremma stanno cercando un serial killer che li prende a fucilate.
"La persecuzione continua".

Anche gli allevatori però hanno le loro ragioni. Stragi di pecore...
"Li capisco, bisogna lavorare soprattutto sulla prevenzione e sui sistemi non violenti. Convivere si può. Il problema non si risolve con lo sterminio".

Si lamentano dei lupi anche i cinghialai. Concorrenza sleale.
"Non è un dramma se prendono qualcosa in meno".

E in futuro come sarà?
"Come ora, il lupo continuerà a scappare. Non è né buono né cattivo. È un predatore e così dev’essere trattato. Con rispetto".

Rita Bartolomei