Bologna, 4 gennaio 2014 - Nessuna clemenza o pietà per i fratelli Savi e la banda della Uno Bianca. Sono passati 23 anni dall’assassinio dei tre carabinieri Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini e ogni anno, per la madre di Stefanini, il dolore è sempre più forte. Tanto che, come ogni anno, non vuole nemmeno sentir parlare di perdono per chi ha ucciso suo figlio.

“Né permessi premio né niente - afferma la signora Anna Maria, questa mattina al termine della cerimonia in ricordo dei caduti del Pilastro (foto) - loro non meritano niente perché non hanno avuto pietà per nessuno. Quindi noi non dobbiamo avere pietà. Si dice che si devono reinserire, ma qui facciamo la fine di Izzo (il killer del Circeo, ndr): l’hanno reinserito e lui ne ha ammazzati altri due. Loro ne hanno ammazzati 24, ne ammazzeranno 48”.

Dunque, insiste la madre di Stefanini, “non ne voglio neanche sentir parlare di clemenza. E io sono anche cristiana e cattolica, ma quello non è un perdono che si può dare”.

Qualche minuto prima, la signora Anna Maria aveva ricevuto il saluto affettuoso del procuratore aggiunto Valter Giovannini, che guidò l’inchiesta contro i Savi e la banda della Uno Bianca, e del sindaco di Bologna, Virginio Merola, al quale ha detto, fra le lacrime: “Nessuno a Bologna deve dimenticare. Quei ragazzi avevano 64 anni in tre, neanche la vita di un uomo. Solo questo chiedo, che non si dimentichi”.

 

“E’ comprensibile l’atteggiamento dei familiari delle vittime, i quali vorrebbero che persone che si sono macchiate di gravi crimini non uscissero dal carcere. Ma occorre tenere conto che i cardini dell’ordinamento penitenziario sono il reinserimento sociale e il recupero. Ed e’ un parametro che dovra’ valere per tutti”. Lo dice l’avvocato Antonio Piccolo, difensore di Alberto Savi, il fratello minore di Roberto e Fabio, che come loro sta scontando l’ergastolo per i delitti della Uno Bianca.

 

Alberto Savi è in carcere a Padova e lavora nel call center del penitenziario. I termini per richiedere benefici, ha spiegato il legale, “sono maturi”. Saranno i giudici di sorveglianza a valutare “quando e come concederli”.
Reinserimento e recupero previsti dall’ordinamento, ha proseguito, sono “graduali” e devono tenere conto delle gravità delle condotte. In tal senso, l’avvocato Piccolo ha ricordato che i vertici della banda erano Roberto e Fabio e non il suo assistito, che non partecipò a tutti i crimini. Nel 2006 Alberto scrisse una lettera alla madre del carabiniere Otello Stefanini, chiedendo perdono.