Bologna, 5 gennaio 2014 - PER LE FESTE di fine anno la Regione Emilia-Romagna ha confezionato un bel regalo riservato agli appassionati e ai cultori del dialetto. Sul ‘Bollettino ufficiale’ della Regione, infatti, in data 20 dicembre, si legge il contenuto di questa inattesa strenna: la abrogazione della legge che tutela e valorizza i dialetti dell’Emilia-Romagna. Giuseppe Bellosi, autorevole studioso del dialetto romagnolo che a suo tempo insieme a Paolo Galletti partecipò alla stesura della legge per la tutela dei dialetti, ha sùbito cavato di tasca il fazzoletto e vi ha fatto un bel nodo, così si ricorderà di questo regalo quando andrà a votare la prossima volta. E auguriamoci che tanti altri faranno la stessa cosa. Non c’è bisogno di scomodare Dante, che scrisse la sua ‘Commedia’ in volgare, per far capire l’importanza del dialetto perché altri famosi personaggi hanno dato lustro alla letteratura vernacola. Due nomi su tutti: Alfredo Testoni per Bologna e Olindo Guerrini per la Romagna. E poi Tonino Guerra, Raffaello Baldini… ‘i n’era totta zent ch’valeva quell?’.

TUTELARE il dialetto significa tutelare la tradizione o, se preferite, le radici, tanto spesso invocate in discorsi di circostanza da gente a cui, evidentemente, delle radici importa poco o nulla. Non dimentichiamo che la lingua italiana deve moltissimo ai dialetti, idiomi che hanno costituito per secoli un enorme serbatoio al quale hanno attinto non solo la gente comune ma anche gli scrittori. In Romagna, nell’immediato dopoguerra, il dialetto era stato bandito dalle aule scolastiche perché evidentemente era considerato una lingua di serie B, ma poi qualcuno si accorse che sarebbe stato un gravissimo errore osteggiare questo immenso patrimonio linguistico e dalla nostra regione arrivò puntuale la legge per la sua tutela. Oggi, dopo vent’anni, si cancella tutto e buonanotte suonatori. Ci piacerebbe, però, conoscere i motivi che stanno a monte di questa inspiegabile abrogazione. È forse chiedere troppo?

Franco Gàbici